mercoledì 17 giugno 2009

Le idee di rivolta non sono mai morte

"Se il vento fischiava ora fischia più
forte,

le idee di rivolta
non sono mai
morte;

se c'è
chi lo afferma non state a
sentire

è uno che vuole soltanto tradire"

Bertinotti prima e dopo









Così cantava Paolo Pietrangeli. Oggi c'è chi quelle idee vuole farle morire.
Sempre più insistentemente c'è chi parla di una fantomatica unione di tutte le forze “di sinistra” e con questa espressione si intende tutti coloro che possono in qualche modo, magari anche con una certa difficoltà, essere fatti rientrare nel campo progressista. Ovvero dal Pd ai comunisti.
Questo lo ha sostenuto Fausto Bertinotti, secondo cui “Queste elezioni, in Italia e in Europa, sanciscono la fine della sinistra novecentesca, dai comunisti ai socialisti, dai socialdemocratici ai laburisti”.
Per prima cosa qualcuno dovrebbe spiegare a Bertinotti che Pd, Italia dei Valori, radicali e verdi non sono né comunisti, né socialisti, né socialdemocratici né laburisti.
In secondo luogo a me non sembra che queste elezioni abbiano segnato la sconfitta della sinistra tout court, piuttosto della sinistra “moderata”, quella rappresentata da Pd in Italia (ammesso che possa definirsi ancora sinistra) dai socialdemocratici in Germania, dai laburisti in Gran Bretagna, e così via. Il risultato della sinistra “radicale” invece non è così orrendo come si vuol far credere. È vero che in Italia non ha passato lo sbarramento, ma è anche vero che ha raddoppiato, nel suo complesso, i consensi. Se poi si vedono i risultati della Germania, e soprattutto della Grecia e dell'Irlanda, si vede che in questi paesi addirittura la sinistra di alternativa avanza significativamente.
In terzo luogo mi sembra davvero paradossale questo modo di ragionare: siccome si è persa un'elezione allora vuol dire che si è perso tutto e che bisogna ricominciare da zero. Solo il masochismo tipico della sinistra e il complesso di inferiorità potrebbe indurre a ragionare così.
Chi ha visto un esponente di un partito di destra che dopo aver perso le elezioni dicesse che la destra novecentesca è finita e che perciò bisogna mandare a casa tutto il pensiero e la prassi dei partiti di destra e ricominciare daccapo? Io mai. Quando in Gran Bretagna i conservatori furono sconfitti non mi pare che abbiano ragionato in questo modo. Oggi sono di nuovo i vincitori. Quando in Italia la Lega subì un tracollo micidiale al punto che molti pensarono che fosse destinata all'estinzione nessun politico leghista disse che bisognava ripensare alla linea anti-immigrazione o al federalismo. Oggi sono i trionfatori delle ultime elezioni.
Ma la stessa sinistra quante elezioni ha perso? Se Togliatti e Nenni dopo la sconfitta nelle prime elezioni dell'Italia repubblicana avessero fatto come Bertinotti e avessero mandato in pensione comunismo, socialismo e lotta di classe riusciamo a immaginare cosa sarebbe potuto accadere?
Poi, continua l'ex segretario di Rifondazione Comunista (per fortuna soltanto ex!!) “Io dico che dovrebbero essere tutti più umili e capaci di rimettersi in discussione, abbandonando recinti, simboli e vecchie ideologie perché sono state tutte cancellate dalla storia. Vediamo oggi che la fine del comunismo ha investito anche tutti gli altri pezzi del movimento operaio europeo, un’onda lunga che in vent’anni ha cancellato tutto”.
Questo è veramente incredibile. Ma come? Durante la campagna elettorale delle politiche del 2008 da candidato della Sinistra Arcobaleno veniva accusato da Veltroni (che aveva preso per proprio avversario la sinistra invece che la destra) di voler conservare “vecchie ideologie” poiché il socialismo e il comunismo sarebbero finti. Bertinotti invece allora parlava ancora di lotta di classe e di socialismo (anche se il comunismo l'aveva già abbandonato da un pezzo). Allora cosa ci sta dicendo? Che aveva ragione Veltroni? A chi ha votato la Sinistra Arcobaleno e l'ha sostenuta, ai militanti che si sono battuti per quel progetto cosa dice adesso? Che è stato tutto uno sbaglio? Un'illusione collettiva? Ma allora aveva ragione Occhetto quando decise di sciogliere il PCI? Anche quello è stato uno sbaglio? E no, caro Bertinotti, lo sbaglio qui sei tu.
È vero la Sinistra Arcobaleno ha fallito e ha fallito alla grande. Ma qual era il progetto della SA? Era quello di unire tutte le forze della sinistra (quella propriamente tale senza aggettivi e specificazioni) la componente ecologista, quella socialista e quella comunista, partendo da ideologie ed esperienze diverse. Il progetto della SA insomma si fondava sulla stessa idea portante dell'attuale proposta che egli avanza. Ovvero che gli ideali e il programma politico, tanto meno la storia, non dovrebbero essere una discriminante tra le varie forze della sinistra. Così si scelse di togliere falce e martello, la stella, e inserire un romantico arcobaleno nel simbolo. Eliminando ogni sfondo rosso per un neutralissimo bianco. Peccato che lo slogan della SA era “fai una scelta di parte”. Ma quale scelta di parte se tutte le parti le abbiamo cancellate?
Comunque sia quel tentativo è stato seppellito dal voto.
Adesso l'ex compagno Fausto non contento ci riprova. Ma questa volta persino alzando la posta in gioco. Se la sinistra senza il Pd ha fallito, dice, mettiamoci anche il Pd. Questa visione è il risultato di un completo allontanamento dalla realtà sociale. Come se la sinistra italiana potesse rinascere da una semplice alleanza, che peraltro cancella la sua storia, quello che è stato finora e senza cui non è mai stata, che, in altre parole, cancella la sinistra stessa. Come se la sinistra potesse rinascere da un accordo di cartello. Da una miscellanea indistinta e imprecisa senza un preciso programma politico e senza un ideale ben individuato. Cosa sarebbe questa sinistra? Bertinotti dice che non deve essere né comunista, né socialista, né socialdemocratica. Ma allora cosa deve essere? Questo non lo dice. Tutti questi profeti della fine delle “vecchie ideologie” ci dicono che bisogna abbandonare le dottrine che finora ci hanno accompagnato. Ma neanche loro sanno con cosa sostituirle. Un tale rozzezza intellettuale oltre che politica ce la si poteva spettare da uno come Veltroni o come Rutelli. Ma non da Bertinotti. È l'ulteriore riprova di quello che diceva Marcuse, che nelle società industriali l'opposizione viene riassorbita all'interno del sistema e finisce per difendere proprio quesl sistema che voleva combattere.
Le “vecchie ideologie”. Tutti i profeti della sconfitta della sinistra, i cantori di sventura, che spesso stanno, o fingono di stare, propria dalla stessa parte di cui auspicano l'estinzione, si riempiono la bocca con questa espressione. Ma quale sarebbe la “nuova ideologia”? Il libero mercato? Il liberismo? Quello che fino a ieri ci dicevano che era il nemico da sconfiggere? Ma questa è una ideologia ancor più vecchia. Altro che novecentesca. Qui si parla di Settecento!
Eppure io non ho mai visto i sostenitori di questa “vecchissima ideologia” abbandonarla. Anche in una crisi che ne ha decretato gli effetti deleteri sulla società costoro si ostinano a volerla conservare. Eppure Bertinotti, Veltroni and Company non entrano in polemica con costoro. Ma il marxismo invece è la vecchia ideologia. Sono tutti liberali. Sostengono tutti l'ideologia più vecchia della storia. Ma ripudiano il marxismo, l'ideologia più recente fino ad ora (non mi risulta che ce ne sia stata un'altra dopo) perché sarebbe “vecchia” per abbracciarne una ancora più vecchia.
Ma per lo meno i liberali hanno le idee chiare. Hanno un chiaro riferimento teorico cui far riferimento. Una chiara ispirazione del loro agire politico. Il Bertinotti revisionista (ma sarebbe meglio dire nichilista) che cosa ci propone invece? Un'accozzaglia ingarbugliata. In che modo si possono far convevire, a suo dire, la Binetti con Vendola? Ma non vede le difficoltà tecniche di unità all'interno dello stesso Pd dove comunque tutti hanno una prospettiva moderata? Figuriamoci se questa unione forzata, una deportazione più che altro, fosse allargata a sinistra!
Ma c'è anche un'altra proposta di quelli che io chiamo gli “estremisti unitari”, cioè coloro che vogliono unire tutto e tutti, senza aver riguardo per ciò che si unisce e senza guardare a quello che dovrebbe essere lo scopo dell'unità, come se questa di per sé bastasse per raggiungere qualsiasi scopo.
È quella avanzata da Niki Vendola, di formare un'unione non di tutta la sinistra o di quelli più o meno di sinistra. Ma di tutti quelli più o meno di sinistra escluso il Pd e, forse, l'Italia dei Valori.
Mettiamoci dentro quindi oltre a comunisti, socialisti (quelli di Bobo Craxi e De Michelis che lottarono contro la scala mobile!) e verdi, anche i radicali.
Vendola durante la campagna elettorale ultima ha detto che la causa della crisi è stata la gestione liberista. Ora qualcuno dovrebbe spiegargli che i radicali con cui vuole unirsi sono e si definiscono liberisti. Che, infatti, in Europa fanno riferimento ai liberali europei, e che hanno votato a favore della Bolkenstein per la privatizzazione dei servizi, che hanno votato per l'innalzamento dell'orario di lavoro a 65 ore. Ora anche se si volesse tentare un improbabile compromesso con costoro, il risultato sarebbe a ribasso. Ne uscirebbe un programma irrimediabilmente moderato, magari allineato a quello di coloro che dicono “meno precarietà e più flessibilità” (come se fossero due cose opposte) in stile Partito democratico, proprio quel Partito democratico cui Vendola si propone come alternativo.
Questo incredibile capogiro di molte persone che stanno o stavano a sinistra, compreso Zipponi che è andato con Di Pietro dichiarando che destra e sinistra non esistono più, non è dovuto al risultato delle elezioni. Nemmeno una sconfitta clamorosa potrebbe giustificarlo. È invece dovuto a una perdita di contatto con la realtà sociale e materiale del Paese, all'abbandono delle fabbriche e del mondo del lavoro per fuggire verso i salotti televisivi. Questo progressivo distacco della classe dirigente della sinistra dalla propria base e dalla realtà materiale, quella che non viene rappresentata dai media, ha determinato prima il suo allontanamento dalla lotta concreta e da bisogni dei lavoratori e degli sfruttati, poi, come necessario coronamento di questo processo, anche un allontanamento ideologico dalle ragioni delle classi oppresse. In tutto questo naturalmente ha giocato un ruolo determinante anche la propaganda dei mezzi di comunicazione e la notevole potenza di persuasione dei media, capaci di “convertire” anche le coscienze più avanzate.
Ferrero, Diliberto, Salvi, non si facciano perciò irretire da costoro, dagli uccellacci del malaugurio, che dopo aver sperimentato la sconfitta politica personale, sperano, per giustificarsi, di trasformarla in una sconfitta della sinistra, non di questa sinistra, ma della sinistra in quanto tale, così come è stata e ha potuto essere finora.
Bisogna invece difendere, ora più che mai, le prospettive di una sinistra di alternativa e anticapitalista, socialista e comunista, sacrificando anche delle alleanze di cartello se necessario, pur di portare avanti un coerente progetto di trasformazione sociale e di rovesciamento dei rapporti di produzione.
Bisogna tornare a stare dalla parte delle classi oppresse in opposizione allo sfruttamento capitalistico, nella teoria e nella lotta concreta.

(v. La Stampa)

4 commenti:

  1. ottimo blog, complimenti!

    ps: scambio link ? fammi sapere

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  2. Trovo fuori luogo continuare a parlare, a proposito delle recenti elezioni, secondo una logica del "chi ha vinto? / chi ha perso?".
    Tu dici che non dobbiamo abbatterci se il Partito Comunista non ha superato il quorum: in fondo ha raddoppiato i voti precedenti, e ciò è quanto meno confortante e deve indurci a continuare la nostra lotta.

    Qui di seguito ti ripropongo una mia lettura del voto, che ritengo più pragmatica.

    Gli ELETTORI italiani sono 50.341.790, ma non tutti possono votare, per varie ragioni (malattie, invalidità, vecchiaia estrema, cause di forza maggiore). Stimo che costoro (gli IMPOSSIBILITATI) siano il 15%, ossia 7.551.269. Rimangono i VOTANTI ATTESI ed è su questi che dobbiamo ragionare.

    Votanti attesi ... 42.790.521
    Votanti effettivi ... 32.747.722
    Astenuti ....... 8.558.104
    Schede bianche ... 990.689
    Schede nulle ...... 1.103.519
    Chiamiamo DISSENZIENTI gli astenuti + le schede bianche + le schede nulle.

    Ciò premesso, ecco le cifre della consultazione:

    DISSENZIENTI ......... 10.652.312
    PDL ......................... 10.807.327
    PD ........................... 8.007.327
    LN ........................... 3.126.915
    IDV ........................ 2.452.569
    UDC ...................... 1.996.901
    ALTRI .................... 4.254.199

    Volendo fare un'analisi del voto realista, e non solo nominalista, basata cioà sulla mera lettura delle schede, dovremmo aggiungere ai DISSENZIENTI quanti non si sentono rappresentati e hanno votato:
    - senza avere le idee chiare
    - per puro dovere civico
    - perché credono che non votare sia sbagliato
    - perché non possono dire no ad un amico
    - perché preferiscono il minore dei mali
    - perché si sentono traditi dal proprio partito
    - ecc.
    Li chiamiamo INDECISI.

    Dovremmo anche aggiungere gli OPPORTUNISTI, ossia coloro che votano per puro interesse personale.

    Stimo che INDECISI + OPPORTUNISTI non siano meno di 10.000.000.

    Se ad essi aggiungiamo i DISSENZIENTI arriviamo ad una cifra che è di circa il 50% dei votanti attesi, ossia la forza politica di gran lunga più numerosa, ma concretamente tagliata fuori dai giochi che contano, come del resto i comunisti.

    Non resta che tirare le conclusioni.

    Chi vince?
    - Berlusconi, perché può continuare ad emanare leggi ad personam e tutelare la propria immunità giudiziaria e il proprio impero economico.
    - Tutti i candidati eletti, perché si assicurano un reddito elevato e un'ottima pensione per il resto della loro vita.
    - Gli evasori fiscali, perché non sono perseguiti e, se sono scoperti, ci guadagnano comunque.
    - l'antipolitica, ovvero la metà degli elettori che non si riconoscono in questo sistema.

    Chi perde?
    - I disoccupati, che non trovano lavoro.
    - I precari, che non si vedono rinnovato il contratto.
    - Le famiglie, che devono mantenere i loro figli quarantenni.
    - I 7 milioni di poveri, che non possono esercitare i loro diritti fondamentali.
    - La buona politica, ovvero la politica inclusiva e partecipativa.

    Sono questi i punti che, a mio avviso, dovrebbero orientare la nostra preoccupazione, e non sterili calcoli sui partiti: il vero soggetto della politica non deve essere il partito, ma la persona.

    Se anche il partito comunista avesse decuplicato i consensi della passata consultazione prendendo il doppio dei voti della Lega Nord, che cosa sarebbe cambiato per i cittadini?
    Ve lo dico io: nulla. Perché il sistema cambia solo se ne cambiano le regole, non si cambiano le persone al vertice.

    A me personalmente non interessa se a rappresentarmi sia un esponente di un partito piuttosto che un altro, perché non vedo la necessità che ci debba essere qualcuno che parli al posto mio, almeno in tutte quelle questioni in cui mi ritengo competente per farlo.

    Il vero problema del nostro sistema politico è che continuiamo a ragionare secondo una logica di partito e ci dimentichiamo che la metà dei votanti attesi non ha alcuna voce in capitolo.

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  4. Andrew. ok per lo scambio link.

    Didì. La tua visione manca di concretezza politica. Io sono il primo a denunciare i limiti del sistema parlamentare. Ma ciò non significa che per questo bisogna farne a meno, altrimenti si rinuncia a uno strumento che, per quanto imperfetto, è comunque utile alla lotta. Tanto più che i nostri avversari continueranno ad usarlo. Perché quindi dovremmo privarcene per dar loro un vantaggio e a noi uno svantaggio?
    Anzi esso può essere utile proprio per cambiare quel sistema stesso e cambiare i rapporti sociali.
    Se molti si astengono io non dico che dobbiamo astenerci tutti, che non servirebbe a niente e sarebbe solo una protesta velleitaria, ma al contrario, bisogna convincerli a mobilitarsi.
    La principale ragione della sconfitta della sinistra è la perdita di contatto con la classe operaia. Questo contatto deve essere ritrovato. In questo modo gli eletti dal popolo non sarebbero soltanto dei meri eletti ma esprimerebbero le esigenze e la volontà rivoluzionaria della classe operaia stessa.

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