Le elezioni europee hanno fatto registrare un'avanzata delle destre, persino in quei paesi, come Francia e Italia dove sono al governo. È la prima volta che i partiti al potere nei loro rispettivi paesi non subiscono un tracollo durante il voto continentale.
Una vittoria dunque che non può essere ricondotta alla “logica dell'alternanza”, secondo cui le due maggiori forze politiche, PSE e PPE, si alternano nel controllo della maggioranza parlamentare pur senza significativi cambiamenti sul piano dell'azione politica concreta.
Il dato è ancora più sorprendente se si considera la crisi internazionale che non favorisce certo il consenso dei governi.
Tuttavia l'affermazione delle destre è ben lontana dall'essere quella marcia trionfale che viene descritta: se si esclude il caso francese per il resto la vittoria è dovuta più a una sconfitta degli oppositori che a un consistente aumento dei consensi. In Italia il PdL ha registrato un calo seppur lieve rispetto alle politiche. E il divario dal centrosinistra era un fatto già consolidato che si era già affermato nelle elezioni dopo il governo Prodi. In Germania è vero che c'è una debacle dei socialdemocratici, ma è anche vero che che i cristiano-democratici non hanno certo ottenuto un risultato brillante perdendo 10 punti rispetto alle elezioni presidenziali di quest'anno. I conservatori vincono alla grande laddove sono all'opposizione: in Gran Bretagna e in Spagna. Quel che ha fatto la differenza è che laddove sono i partiti di centrosinistra ad essere all'opposizione non sono riusciti a sfondare (in Germania Spd e Cdu governano insieme ma i primi sono andati peggio dei secondi)
Se poi osserviamo i risultati, di cui spesso i giornali si dimenticano di parlare, della sinistra “radicale”, anche in questo caso notiamo un significativo miglioramento. In Germania la Linke si mantiene sopra il 6%, in Francia il Front de Gauche ottiene il 6 e il NPA il 4.9, in Grecia SYRIZA il 4,7%, il KKE l'8,35, in Irlanda lo Sinn Fein ottiene addirittura l'11,6%, in Irlanda del Nord è il primo partito al 26 e nella stessa Italia, seppure non è riuscita a passare lo sbarramento, le due liste della sinistra in totale registrano oltre il doppio dei consensi rispetto alle politiche. Il dato complessivo vede la Sinistra Europea perdere 9 seggi ma questo è dovuto al mancato superamento della soglia di sbarramento da parte delle liste italiane.
Non si può parlare quindi di vittoria delle destre tout court perché la questione è molto più complessa di come viene descritta dalla stampa. Né di crisi della sinistra in generale. Bisogna invece distinguere tra una sinistra “moderata” che subisce un deciso tracollo (il PSE perde 38 seggi, mentre il centrodestra europeo ne guadagna 21 se si sommano i seggi del PPE con quelli dei conservatori inglesi) e una sinistra “radicale” che nonostante tutto, pur perdendo in termini di seggi tiene a livello di voti se si considerano anche i partiti che non superano lo sbarramento.
Il vero sconfitto delle elezioni è quindi il Partito Socialista Europeo. A quanto pare l'allineamento della sinistra “moderata” di tutta Europa, dal Regno Unito alla Spagna, alle posizioni della destra alla lunga non ha pagato. Questi partiti hanno sostenuto in Europa posizioni liberiste, come dimostra la direttiva Bolkenstein sulla privatizzazione dei servizi e in patria leggi restrittive sull'immigrazione. Il presidente spagnolo Zapatero che aveva portato al successo i socialisti spagnoli sui temi della laicizzazione dello stato ha però perseguito l'atteggiamento “mercatista” del suo predecessore. Il New Labour britannico, nato negli anni Novanta da un partito che aveva difeso i lavoratori e che aveva intrapreso importanti battaglie sociali, aveva apertamente rinnegato il proprio passato aprendo al liberismo, in misura forse persino maggiore dei conservatori. E ancora in Germania i socialdemocratici sono entrati in una grande coalizione con la CDU e da allora hanno perso consensi a favore della Linke. Il caso emblematico però è proprio il Partito Democratico in Italia che, unico in Europa, ha rinunciato anche al riferimento simbolico alla sinistra e si è attestato su una linea talmente moderata che alcuni dei suoi membri rifiutano persino di entrare nel PSE.
La lezione è innanzitutto la smentita di quella frottola che i politologi finora ci hanno raccontato, cioè che le elezioni si vincono al centro: questa volta si è assistito a una vittoria in alcuni paesi della destra più radicale rappresentata in Italia dalla Lega.
Una vittoria dunque che non può essere ricondotta alla “logica dell'alternanza”, secondo cui le due maggiori forze politiche, PSE e PPE, si alternano nel controllo della maggioranza parlamentare pur senza significativi cambiamenti sul piano dell'azione politica concreta.
Il dato è ancora più sorprendente se si considera la crisi internazionale che non favorisce certo il consenso dei governi.
Tuttavia l'affermazione delle destre è ben lontana dall'essere quella marcia trionfale che viene descritta: se si esclude il caso francese per il resto la vittoria è dovuta più a una sconfitta degli oppositori che a un consistente aumento dei consensi. In Italia il PdL ha registrato un calo seppur lieve rispetto alle politiche. E il divario dal centrosinistra era un fatto già consolidato che si era già affermato nelle elezioni dopo il governo Prodi. In Germania è vero che c'è una debacle dei socialdemocratici, ma è anche vero che che i cristiano-democratici non hanno certo ottenuto un risultato brillante perdendo 10 punti rispetto alle elezioni presidenziali di quest'anno. I conservatori vincono alla grande laddove sono all'opposizione: in Gran Bretagna e in Spagna. Quel che ha fatto la differenza è che laddove sono i partiti di centrosinistra ad essere all'opposizione non sono riusciti a sfondare (in Germania Spd e Cdu governano insieme ma i primi sono andati peggio dei secondi)
Se poi osserviamo i risultati, di cui spesso i giornali si dimenticano di parlare, della sinistra “radicale”, anche in questo caso notiamo un significativo miglioramento. In Germania la Linke si mantiene sopra il 6%, in Francia il Front de Gauche ottiene il 6 e il NPA il 4.9, in Grecia SYRIZA il 4,7%, il KKE l'8,35, in Irlanda lo Sinn Fein ottiene addirittura l'11,6%, in Irlanda del Nord è il primo partito al 26 e nella stessa Italia, seppure non è riuscita a passare lo sbarramento, le due liste della sinistra in totale registrano oltre il doppio dei consensi rispetto alle politiche. Il dato complessivo vede la Sinistra Europea perdere 9 seggi ma questo è dovuto al mancato superamento della soglia di sbarramento da parte delle liste italiane.
Non si può parlare quindi di vittoria delle destre tout court perché la questione è molto più complessa di come viene descritta dalla stampa. Né di crisi della sinistra in generale. Bisogna invece distinguere tra una sinistra “moderata” che subisce un deciso tracollo (il PSE perde 38 seggi, mentre il centrodestra europeo ne guadagna 21 se si sommano i seggi del PPE con quelli dei conservatori inglesi) e una sinistra “radicale” che nonostante tutto, pur perdendo in termini di seggi tiene a livello di voti se si considerano anche i partiti che non superano lo sbarramento.
Il vero sconfitto delle elezioni è quindi il Partito Socialista Europeo. A quanto pare l'allineamento della sinistra “moderata” di tutta Europa, dal Regno Unito alla Spagna, alle posizioni della destra alla lunga non ha pagato. Questi partiti hanno sostenuto in Europa posizioni liberiste, come dimostra la direttiva Bolkenstein sulla privatizzazione dei servizi e in patria leggi restrittive sull'immigrazione. Il presidente spagnolo Zapatero che aveva portato al successo i socialisti spagnoli sui temi della laicizzazione dello stato ha però perseguito l'atteggiamento “mercatista” del suo predecessore. Il New Labour britannico, nato negli anni Novanta da un partito che aveva difeso i lavoratori e che aveva intrapreso importanti battaglie sociali, aveva apertamente rinnegato il proprio passato aprendo al liberismo, in misura forse persino maggiore dei conservatori. E ancora in Germania i socialdemocratici sono entrati in una grande coalizione con la CDU e da allora hanno perso consensi a favore della Linke. Il caso emblematico però è proprio il Partito Democratico in Italia che, unico in Europa, ha rinunciato anche al riferimento simbolico alla sinistra e si è attestato su una linea talmente moderata che alcuni dei suoi membri rifiutano persino di entrare nel PSE.
La lezione è innanzitutto la smentita di quella frottola che i politologi finora ci hanno raccontato, cioè che le elezioni si vincono al centro: questa volta si è assistito a una vittoria in alcuni paesi della destra più radicale rappresentata in Italia dalla Lega.
In secondo luogo è la dimostrazione che la sinistra o fa proprie le questioni sociali del lavoro, della redistribuzione della ricchezza e dell'intervento pubblico in economia, senza compromettersi con le elite economiche nazionali e internazionali, oppure non viene percepita come alternativa alla destra e quindi non viene più votata.
L'Europa dovrebbe guardare aldilà dell'Atlantico, ma non agli Stati Uniti, a una zona, invece, che fa molto meno parlare i giornali e le televisioni: l'America latina dove una sinistra antiliberista e antiimperialista, quando non apertamente anticapitalista, attraverso un'azione politica di governo in favore delle classi popolari, continua la propria ascesa in tutto il continente.
Condivido, il vero sconfitto è il PSE.
RispondiEliminaOttimi anche i risultati dei Verdi. Eccetto in Italia, ovviamente.
Ma un dato di fatto c'è: le destre vincono ovunque perchè battono sul "problema sicurezza".
Se la Sinistra in Europa non vuole farsi ridurre a opposizione ovunque, DEVE affrontare la questione con serietà una volta per tutte.
Sconfitta è l'idea di convivenza con il sistema liberista. E' stata sconfitta l'idea che un sistema, che vede concentrare la ricchezza in mano a pochi e distribuire la povertà, possa essere accettata auspicando qualche aggiustamento.
RispondiEliminaCOntro questa idea, ha vinto l'istinto di conservazione propagandato dalle destre, in nome del quale si mettono i penultimi contro gli ultimi.
I ricchi sono riusciti nella miracolistica impresa di far credere alle masse che essi sono i veri uomini. Così avviene che i poveri credono in Berlusconi come se fosse un dio e gli danno il voto, ossia gli consegnano il loro cervello affinché lo gestisca lui come meglio crede.
RispondiEliminaIl vero nodo della politica dei nostri tempo sta proprio qui, nel credere che ci siano cittadini di serie A (i ricchi, i potenti) e cittadini di serie B (le persone comuni, i peones).
In virtù della loro "inferiorità" questi ultimi conferiscono ai primi il potere di rappresentarli, rinunciando così alla propria libertà e alla propria sovranità.
A mio giudizio, la mala politica non dipende dal fatto che vincono le Destre piuttosto che le Sinistre.
Dipende dal fatto che non si pongono i cittadini su un piano di effettiva parità, a cominciare dal riconoscimento dei diritti fondamentali.
Solo una politica centrata sulla garanzia dei diritti fondamentali per tutti i cittadini, nessuno escluso, può porre i cittadini su un reale piano di parità e porsi come valida alternativa al sistema attuale.
E una siffatta politica non è né di destra, né di sinistra e nemmeno di centro: è la politica della persona e per la persona.
Qui di seguito espongo la mia analisi delle recenti votazioni.
RispondiEliminaPremetto il significato che attribuisco ad alcuni termini-chiave.
- La "buona politica" implica un governo nell'interesse generale.
- Il "buon elettore" è chi vota in modo informato e pensando al bene comune.
- Il "buon partito" è quello cha fa buona politica.
- L'"antipolitica" è tutto ciò che si oppone o si astiene dalla buona politica.
Ciò premesso, passo alle cifre.
Gli elettori italiani sono 50.341.790, ma non tutti possono votare, per varie ragioni (malattie, invalidità, vecchiaia estrema, cause di forza maggiore). Stimo che costoro (gli "impossibilitati") siano il 15%, ossia 7.551.269. Rimangono i votanti attesi ed è su questi che dobbiamo ragionare.
Votanti attesi ... 42.790.521
Votanti effettivi ... 32.747.722
Astenuti ....... 8.558.104
Schede bianche ... 990.689
Schede nulle ...... 1.103.519
Chiamiamo DISSENZIENTI gli astenuti + schede bianche + schede nulle.
DISSENZIENTI ......... 10.652.312
PDL ......................... 10.807.327
PD ........................... 8.007.327
LN ........................... 3.126.915
IDV ........................ 2.452.569
UDC ...................... 1.996.901
ALTRI .................... 4.254.199
Ai DISSENZIENTI dobbiamo aggiungere quanti non si sentono rappresentati e votano:
- senza avere le idee chiare
- per puro dovere civico
- perché credono che non votare sia deleterio
- perché non possono dire no ad un amico
- perché preferiscono il minore dei mali
- perché si sentono traditi dal proprio partito
- ecc.
Li chiamiamo INDECISI.
Aggiungerei gli OPPORTUNISTI, ossia coloro che votano per puro interesse personale.
Stimo che INDECISI + OPPORTUNISTI non siano meno di 10.000.000.
Se poi aggiungiamo i DISSENZIENTI arriviamo ad una cifra che è di circa il 50% dei votanti attesi, ossia la forza politica di gran lunga più numerosa, ma tagliata fuori dai giochi che contano.
Non resta che tirare le conclusioni.
Chi vince?
- Berlusconi, perché può continuare ad emanare leggi ad personam e tutelare la propria immunità giudiziaria e il proprio impero economico.
- Tutti i candidati eletti, perché si assicurano un reddito elevato e un'ottima pensione per il resto della loro vita.
- Gli evasori fiscali, perché non sono perseguiti e, se sono scoperti, ci guadagnano comunque.
- l'antipolitica.
Chi perde?
- I disoccupati, che non trovano lavoro.
- I precari, che non si vedono rinnovato il contratto.
- Le famiglie, che devono mantenere i loro figli quarantenni.
- I 7 milioni di poveri, che non possono esercitare i loro diritti fondamentali.
- La buona politica.