La decisione di Marchionne di un piano di riconversione a partire dal 2012 ha scatenato le vivide proteste dei lavoratori dello stabilimento. (La Stampa). Una decisione, quella dell'amministratore delegato della Fiat, che preannuncia la chiusura. Già qualche giorno fa Marchionne si era espresso in modo da lasciare pochi dubbi sul destino dello stabilimento pianificato dai vertici della Casa torinese: “non ha una ragione di esistere” aveva detto (AGI).
Adesso gli operai proclamano sciopero e bloccano la stazione e un tratto dell'autostrada Palermo-Catania per distribuire volantini. Il segretario della Cgil Epifani giudica “del tutto inopportune” le parole di Marchionne.
I lavoratori siciliani vedono così profilarsi all'orizzonte una decisione che era già nell'aria. Da tempo Termini Imerese, assieme a Pomigliano, era uno dei siti ipotizzati per la chiusura. E già si è consumata la fine di Imola.
Qualcuno ricorderà i tempi dell'accordo, concluso, con Crysler, e, quello solo tentato, con Opel. Allora il governo e la stampa avevano osannato la Fiat alla conquista del mondo e le magnifiche sorti e progressive dell'espansione dell'industria italiana.
Quando la Fiom e gli operai paventavano il rischio di chiusura di stabilimenti in Italia (e tra questi c'era, guarda caso, proprio Termini Imerese) tutti li avevano biasimati come dei disfattisti che osano opporsi alla inarrestabile avanzata del progresso.
Eppure Il Presidente americano Obama e la cancelliera tedesca Merkel si erano preoccupati per i posti di lavoro del loro paese, hanno incontrato Marchionne esigendo il mantenimento del livello occupazionale. Il governo italiano invece, da un lato, con un sospetto fatalismo, aveva detto di non poter intervenire. Dall'altro, con una patetica letterina di Scajola, tentava di salvare la faccia davanti a stampa e televisioni. Ma come facevano, allora, ad essere tanto sicuri che la Fiat non avrebbe chiuso alcuno stabilimento? Il consenso è importante per questo governo e così cercava di mettere a tacere, spalleggiato abilmente da Marchionne che non voleva scioperi proprio durante l'accordo con Crysler, le voci delle Cassandre che annunciavano la probabile chiusura.
Come volevasi dimostrare. Ancora una volta le promesse del governo e degli industriali si sono dimostrate per quello che valgono. La passività dell'esecutivo (che ama definirsi “governo del fare”!!) ha prodotto i prevedibili risultati.
La Fiat ha avuto tanto dallo Stato italiano e continua ad avere tanto. Ma di fronte al lasseiz faire dei Pilato della maggioranza, Marchionne, ha capito, da buon manager, che poteva osare di più. Continuare a prendere senza dare. Prendere finanziamenti pubblici senza dare alcuna garanzia ai lavoratori, né sui livelli occupazionali né sui salari.
E adesso le proteste degli operai sono inevitabili. Una decisione del genere non può che rendere una polveriera, potenzialmente a rischio di esplodere, tutto le aziende dell'indotto siciliano, e tutte le altre a rischio.
Mai come adesso è necessaria l'unità di tutti i lavoratori e se Fiat e governo vogliono la lotta, che lotta sia.
Che lotta sia... Fino alla vittoria...
RispondiEliminaTermini Imerese non ci sta, giustamente. Ma la lotta non deve essere solo la loro, ma generalizzata!
RispondiEliminagiustamente, aggiungo
RispondiEliminaè difficile generalizzare una lotta su qualcosa (la produzione di auto) che crea ogni anno più problemi a tutti, vedi "cosa ci faremmo con le auto di Termini Imerese". Una richiesta seria di riconversione sarebbe forse più facilmente proponibile e accettabile da parecchie persone
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