sabato 25 luglio 2009

La società dei pericoli


Premetto che quanto sto per dire potrebbe generare reazioni emotive contro il sottoscritto. Alcune persone non sono capaci di affrontare certe questioni con la dovuta serenità, e, quando ci si permette di mettere in discussione certi dogmi sociali, più che difendere la propria posizione insultano l'avversario. Se siete tra queste vi avviso che qualunque commento possa costituire insulto o offesa verso il sottoscritto o verso altri che partecipano alla discussione sarà cancellato. Questo per evitare che il discorso possa essere fatto deviare producendo un clima di tensione inadatto a qualsiasi riflessione lucida.
Prendo le mosse da una notizia che lessi per la prima volta qui qualche giorno fa.
Riporto di seguito il fatto:


“MILANO - Un'assistente sociale di 30 anni è stata arrestata dai carabinieri di Milano con l'accusa di violenza sessuale: ha intrattenuto rapporti sessuali con un ragazzino di 13 anni, che doveva seguire negli studi. A denunciare la donna è stata la madre del ragazzino, che aveva intuito grazie ad alcuni sms come il rapporto tra l'insegnante e l'allievo si fosse trasformato in una relazione. I carabinieri hanno scoperto i due in intimità nell'abitazione del ragazzo. Il Comune di Milano, appresa la vicenda, ha sospeso in via cautelare i rapporti con la cooperativa per la quale lavorava l'educatrice in questione. Il contratto riguardava l'assistenza domiciliare dei minori con disagio psichico.
L'ETA' DEL CONSENSO - Ai carabinieri l'adolescente, che fra poco compirà 14 anni, ha spiegato che i rapporti sessuali avvenivano col suo consenso. La donna però è stata arrestata lo stesso: anche se il minore è consenziente, la legge ritiene violenza sessuale i rapporti con adolescenti che non hanno ancora compiuto 14 anni, e per di più l'età del consenso sale a 16 anni se la persona adulta in causa ha qualche forma di autorità sul minore oppure vive nella stessa casa. Questa norma si applica per esempio a insegnanti, catechisti, educatori, fratelli maggiori, assistenti sociali (come appunto in questo caso), medici, pubblici ufficiali. L'età del consenso sale ulteriormente a 18 anni se il fatto è commesso da un genitore (anche adottivo), da un ascendente, da un convivente di questi ultimi o dal tutore.
SMS RIVELATORI - E' stata la madre dell'adolescente, afflitto da problemi di adattamento, a insospettirsi: ha infatti trovato sul telefonino cellulare del figlio alcuni messaggi sms che inequivocabilmente lasciavano intendere una relazione intima tra lui e l'assistente sociale. Nella giornata di martedì, mentre l'educatrice era nella casa del suo assistito, è così scattato il blitz dei carabinieri, che hanno bloccato la donna in atteggiamenti sconvenienti con il minore.
SOSPESA LA COOPERATIVA - Il Comune di Milano ha deciso di sospendere cautelarmente il contratto di affidamento ai servizi di assistenza domiciliare alla cooperativa Diapason, e ha già annunciato di volersi costituire parte civile nel procedimento che sarà istruito. La cooperativa da anni aveva una convenzione con il Comune di Milano per l'affidamento dei servizi di assistenza domiciliare e recentemente aveva ottenuto l'accreditamento dal settore Politiche Sociali di Palazzo Marino. «Sono sconvolta e addolorata - ha affermato l'assessore alle Politiche Sociali Mariolina Moioli - e ho già dato mandato ai miei direttori di rescindere ogni contratto con la cooperativa, visto che è la cooperativa che fornisce al Comune ogni garanzia sui propri operatori». L'assessore ha inoltre annunciato di essersi già messa in contatto con l'avvocatura di Palazzo Marino per far sì che l'amministrazione possa figurare come parte lesa nel procedimento giudiziario aperto contro l'assistente sociale. «Ho già attivato i servizi sociali - ha concluso Mariolina Moioli - per dare tutto il supporto psicologico alla famiglia del ragazzo».
22 luglio 2009”
(
Corriere della Sera).


Si noti che il ragazzo era consenziente, quindi ha partecipato al rapporto di sua volontà senza subire costrizioni o violenze.
L'assistente sociale però è stata arrestata, perché per la legge italiana il rapporto sessuale di un adulto con un minore è sempre reato se il minore ha un'età inferiore ai 14 anni, indipendentemente se questi è consenziente o meno (
wikipedia).
Ora mi pare che quella sul consenso sia una legge alquanto discutibile. C'è da chiedersi innanzitutto perché l'età sia stata fissata proprio a 14 anni. Sappiamo tutti che oggi gli adolescenti sono molto meno “ingenui” di quello che erano qualche decennio fa ed è veramente difficile pensare che fino a 14 anni non si sia in grado di decidere cosa si voglia e perché, almeno per quanto riguarda le scelte immediate, come il rapporto con un'altra persona. Se a un tredicenne viene chiesto da un adulto di avere un rapporto sessuale, questi può avere due reazioni: accettare o rifiutare. Entrambe queste scelte sono legittime per ciò che concerne egli solo e non coinvolge altri individui (per cui potrebbe non essere in grado di valutare eventuali danni su altre persone). Se vuole un gelato, sarà libero di comprarlo, certo non si può dire che egli non sia in grado di decidere se vuole o no mangiare un gelato. Né che il gelataio lo abbia plagiato per indurlo a comprare il gelato. La madre potrebbe non approvare questa sua scelta e proibirgli di mangiare il gelato perché sa che gli fa male. Ma questo riguarda solo lui e sua madre, non il gelataio. Se il ragazzino va a comprarsi il gelato, la madre non può andare dai carabinieri e pretendere che questi arrestino il gelataio, anche se questi sapeva del divieto della madre.
Certo, la sessualità è una questione molto più delicata di un gelato. Ma il principio è lo stesso. La madre non può pretendere nemmeno che al gelataio venga fatta una semplice multa. Perché dovrebbe pretendere, allora, che la partner sessuale adulta di suo figlio vada in prigione, malgrado questa non abbia commesso violenza alcuna?
Ma, dicevo, della questione anagrafica. Mettevo in dubbio l'età del consenso (cioè “l'età a cui una persona è considerata capace di dare un consenso informato a comportamenti regolati dalla legge, in particolare i rapporti sessuali” (
ibid.) stabilita in Italia a 14 anni. Non in tutti i paesi è uguale. Ad esempio in Francia è 15, in Canada 16, in alcuni zone degli Usa 18, in Tunisia 20. Del resto in Brasile è 13, in Spagna e in Argentina 12, nello Yemen 9 e in alcuni paesi, pochi, non esiste affatto (ivi).
Sia detto en passant che, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, in genere l'età è più alta negli stati considerati più “liberali” su queste questioni, come Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Olanda e Francia.
In altre parole, quest'assistente sociale, se fosse vissuta in Brasile, in Spagna, in Argentina, nello Yemen o in molti altri paesi non sarebbe stata arrestata.
Allora mi chiedo: sulla base di quale principio noi stabiliamo che l'età minima del consenso debba essere di 9, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19 o 20 anni? Ci sono naturalmente ricerche in ambito psichiatrico e psicologico che supportano simili decisioni legislative. Ma evidentemente se le decisioni legislative sono diverse, queste ricerche hanno dato esito diverso a seconda di chi le ha condotte (e, presumibilmente, dell'interesse che aveva chi le ha condotte). Quindi questi studi non dovrebbero essere considerati attendibili. A quali di essi dovremmo dare ragione? Certo, i risultati possono variare a seconda dei diversi contesti nazionali. Ma non così tanto, non da 9 a 20 anni, a meno che non si dica che nello Yemen un bambino di 9 anni sia maturo quanto un uomo tunisino di 20 anni, o che un bambino spagnolo di 12 sia più maturo di un diciassettenne della Florida! Viceversa, se le legislazioni non sono supportate da una qualche teoria scientifica, o semplicemente logica, che legittimità possono avere? Non sarebbero giustificate da altro che dalla pura arbitrarietà dei legislatori stessi.
Ma se non si è in grado di stabilire con sicurezza quest'età minima, si ammette implicitamente che la legge possa sbagliare, ovvero che possa mandare in galera un innocente. Eppure uno dei principi fondanti di uno stato di diritto è che tra condannare un innocente e assolvere un colpevole è preferibile quest'ultima eventualità. Nel nostro caso, invece, si fa il contrario: si preferisce condannare un innocente.
Tuttavia non solo è discutibile l'età al di sotto della quale l'espressione del consenso non può essere ritenuta legalmente valida, ma l'esistenza stessa di un'età, quale essa sia, del consenso.
In Italia questa è fissata a 14 anni. Perché allora i ragazzini di 13, 12, 11, 10 anni e via dicendo non possono esprimere un consenso accettato dalla legge? Forse perché non li si ritiene in grado di capire cosa vogliono?
Ma a ben vedere questa è una posizione paradossale e anche pericolosa. Se i minori non sono in grado di capire cosa vogliono, non sono in grado di capire neanche cosa non vogliono. Se non sono in grado di capire se vogliono accettare un rapporto sessuale, non sono neanche in grado di capire se non lo vogliono accettare. Così, non solo la loro dichiarazione dovrebbe essere inutile nel caso in cui dicano di essere consenzienti, ma anche nel caso in cui dicano di non esserlo. Ovvero, se un minore che non abbia ancora raggiunto l'età del consenso dichiara di aver subito violenze sessuali, la sua affermazione non potrebbe essere ritenuta, se vogliamo essere coerenti col principio della legge in questione, legalmente valida, che mi pare un'aberrazione. Lo stupratore verrebbe perseguito comunque, perché per la legge è comunque reato, ma non ci sarebbe alcuna differenza sul piano legale tra uno stupratore e un adulto che ha avuto rapporti con un minore consenziente.
Ipotizziamo che sia stato il minore a sedurre l'adulto; se consideriamo la malizia di molti adolescenti di oggi e il precoce sviluppo fisico non è un'ipotesi del tutto peregrina. Ipotizziamo che l'adulto sedotto sia un insegnante, o come nel caso che abbiamo visto, un assistente sociale. La legge prevede che quando l'adulto ha una qualche autorità sul minore l'età del consenso salga a 16 anni (
wikipedia). Ora immaginiamo una ragazzina di 15 anni fisicamente abbastanza sviluppata, come spesso sono le ragazzine di quest'età, e abbastanza maliziosa, nell'era della televisione e di internet, da fare proposte sessuali. Diciamo che si innamori del suo insegnate e lo induca ad un rapporto sessuale e che l'insegnate accetti. In questo caso entrambi i partner sono consenzienti, entrambi consapevoli di aver dato l'assenso al rapporto sessuale, eppure per la legge l'insegnante andrebbe in prigione.
Ora facciamo un altro esempio. Diciamo che un uomo adulto commetta violenza sessuale su un bambino di 8 anni. Ovvero costringa, o con la forza o col ricatto, il bambino ad avere un rapporto sessuale con lui. In questo caso il bambino rifiuta l'assenso al rapporto sessuale, contrariamente al caso precedente. A qualunque persona di buon senso quest'ultimo caso apparirebbe quantomeno assai più grave del primo, il quale risulta invece quantomeno dubbio.
Eppure per la legge, se vogliamo essere coerenti col suo spirito, i due casi si equivarrebbero. Avendo infatti ambedue i minori un'età inferiore a quella stabilita perché il consenso sia valido, la loro parola non conta. Non conta cioè che abbiano detto di essere favorevoli o contrari all'atto sessuale. Non conta che vi siano stati costretti o che lo abbiano scelto volontariamente. Dunque, legalmente, entrambi gli adulti, a parità di altre condizioni contingenti, attenuanti, aggravanti, ecc., dovrebbero ricevere la stessa identica condanna. Potrebbe valere il principio che nel secondo caso essendo l'età del bambino inferiore al primo caso il reato è più grave. Ma sarebbe un principio estrinseco alla norma che stiamo analizzando. Se entrambi i minori avessero 13 anni, un giudice scrupoloso non potrebbe che condannare entrambi gli adulti, lo stupratore e l'insegnante, alla stessa pena. Anzi, il primo, a seguire la legge, dovrebbe avere una pena maggiorata, perché aveva un'autorità sul minore, quella di essere suo insegnante. Non è che ci voglia molto a capire la paradossale ingiustizia di questa situazione, a causa di una legge del tutto errata.
Si potrebbe pensare che l'età del consenso sia troppo alta e che dovrebbe essere abbassata. Ma non è questo il punto, anche se fosse a 9 anni, il problema rimarrebbe, poiché rimarrebbe l'equiparazione legale tra stupratori e semplici partners sessuali qualora il minore non avesse ancora compiuto i 9 anni.
Obiezioni a questo modo di intendere la questione sono state sollevate già in passato.
In Francia nel 1977 alcuni intellettuali, come Michel Foucault, Louis Althusser e Jacques Derrida hanno sottoscritto una petizione che chiedeva al Parlamento di rivedere le norme su questa materia.
Nel 1978 Michel Foucault, Jean Danet e Guy Hocquenghem parteciparono a un'interessante conversazione radiofonica conosciuta con il titolo “La legge del pudore” (
legge del pudore - wikipedia).
Secondo Foucault sarebbe cominciata nell'800 e proseguita nel '900 una progressiva “psichiatrizzazione della società”, che avrebbe portato a creare e a stigmatizzare la figura dei “pervertiti” (
ibid.).
A ciò corrisponderebbe l'intervento della legge che acquisirebbe così lo scopo non più di condannare l'infrazione della legge, ma colui che la infrange, o per meglio dire, il criminale non è più tale perché infrange la legge, ma infrange la legge perché è criminale. Si va a colpire, quindi, una categoria di persone, il loro stesso modo di essere, e non le azioni, indipendentemente da chi le compia.
Secondo le parole di Hocquenghem: “Nel caso di un “attentat sans violence” [crimine senza violenza], il delitto nel quale la polizia non è riuscita a rintracciare alcun reato, il criminale è un criminale solo perché è un criminale, perché ha questo tipo di tendenze. Si tratta di quello che veniva comunemente definito delitto di opinione. (...) Il delitto scompare, da lungo tempo a nessuno interessa sapere se esso è stato effettivamente commesso, se qualcuno è stato ferito o meno. A nessuno inoltre importa di sapere se c’era veramente una vittima o meno” (
ibid.).
Si viene così a creare quella che Foucault definisce una “società dei pericoli” fondata sulla paura della sessualità, in particolare della sessualità del bambino “il legislatore non giustificherà le misure proposte dichiarando che la moralità universale dell’umanità deve essere difesa. Dirà invece che esistono delle persone per le quali la sessualità altrui è un pericolo permanente” (
ibid.).
In questa società avrà un ruolo decisivo il potere degli psichiatri e le tecniche manipolatorie da loro adottate sulle dichiarazioni del bambino: “Può essere che il bambino, con la sua sessualità, abbia desiderato l’adulto, può altresì avere acconsentito o addirittura fatto il primo passo. Possiamo anche giungere ad ammettere che è stato lui a sedurre l’adulto, ma noi specialisti, forti delle nostre conoscenze in psicologia, sappiamo perfettamente che anche il bambino che seduce corre il rischio di rimanere ferito e traumatizzato. (...) Conseguentemente, il bambino deve essere ‘protetto dai suoi stessi desideri’, anche se questi desideri lo indirizzano verso un adulto” (
ibid.).
Gli psichiatri, dunque, ritengo, si ergono a interpreti delle parole del bambino, ovvero ne rigettano il significato letterale, per giungere ad uno “più profondo”, “nascosto”. Ma chi ci dice che questo secondo significato sia quello oggettivo, quello che effettivamente il bambino è intenzionato a comunicarci? L'interpretazione delle parole del minore si fonda su un assunto dogmatico: che il bambino non sia capace di esprimere la propria volontà o addirittura di comprenderla. Un assunto, se non supportato da sufficienti prove, indimostrato, e perciò puramente ideologico.
Dopotutto se le parole del bambino possono essere interpretate in un senso, possono esserlo anche in un altro. Se mettiamo in discussione l'attendibilità della lettera del messaggio che egli ci invia, dobbiamo farlo in ogni caso, anche quando parla di una violenza subita. Perché anche in questo caso il messaggio non dovrebbe necessitare di un'interpretazione? E se l'interpretazione non coincide con la lettera del messaggio perché non dovremmo dubitare di quest'ultima anche quando ci parla chiaramente di una violenza subita? È possibile, che il bambino stia mentendo, magari per vergogna, ma per capire se un bambino mente non bastano i suoi genitori, la polizia, i giudici, i tribunali, le altre testimonianze e le altre prove? Un bambino da solo potrebbe mai tenere in scacco l'intero apparato? Se fosse così facile potremmo chiudere tutti i tribunali per manifesta inutilità. Potrebbe essere, d'altro canto, che il bambino possa mentire inconsapevolmente, avendo rimosso la violenza subita. Ma ecco che qui entrano in scena gli psichiatri. Essi ci garantiscono un metodo infallibile per capirlo. E questo metodo passa per la loro autorità. Se il bambino dice che non è avvenuto alcun fatto potrebbe voler dire il contrario. Se lo ha voluto potrebbe non essere in grado di volerlo. I medici si fanno garanti della parola del bambino contro la sua stessa parola, della sua volontà contro la sua stessa volontà.
A supportare questo sistema interviene la legge, che lo dirige e ne è diretta, stabilendo che esiste un età al di sotto della quale il bambino non può volere e non può dire di volere, in tema di sessualità. Quando questo avviene neanche la madre, come abbiamo visto nel caso di cronaca, prende sul serio suo figlio.
Paradossalmente però può dire di non volere. In questo caso la sua parola è presa nella massima considerazione. Quando il messaggio del minore coincide con la tendenza “psichiatrica”, l'interpretazione non è più necessaria.
Rileverei del resto un'altra palese contraddizione. Che il bambino possa non sapere esprimere la propria volontà questo è coerente logicamente, anche se socialmente sospetto, come abbiamo visto. Ma che egli non sappia cosa volere sembra più che altro una contradictio. Il volere non è mai astratto, è sempre diretto verso un oggetto. Se egli ha voluto, non solo ha detto di volerlo, ma lo ha effettivamente voluto, ha desiderato una determinata situazione, non ha voluto quindi opporsi ad essa ma anzi l'ha gradita, come si può dire che egli in realtà non la voleva? A meno che il bambino non sia schizofrenico non può volere e non volere allo stesso tempo una cosa. Potrebbe essere indeciso. Ma è comunque diverso dall'essere contrario. Potrebbe volerlo e non volerlo nel senso che intendiamo quando diciamo “una parte di me lo voleva” nel senso che c'era qualcosa che ci faceva gradire una determinata situazione ma ad una ponderazione più attenta la respingevamo. In questo caso però vale la decisione definitiva. Se io ho scelto di avere un rapporto sessuale dopo essere stato a lungo indeciso, non si può dire, da questa mia indecisione, che io sia stato costretto a farlo. È possibile che io in seguito mi penta della mia decisione. Ma ciò non toglie che non ho subito violenza alcuna e che sono stato consenziente al rapporto.
Si potrebbe pensare che un minore, e questa forse è l'accezione più comune, non sia in grado di ponderare attentamente per fare una scelta oculata. Questa è la ragione per cui la legge fa valere l'autorità dei genitori. Ma tuttavia non giustifica l'intervento penale della legge. I genitori hanno il diritto formale di proibire al loro figlio minorenne di frequentare una data persona. Tuttavia non hanno il diritto di pretendere l'intervento della legge qualora loro figlio disobbedisca. Tantomeno possono pretendere l'arresto della persona che loro figlio ha deciso di frequentare disobbedendo al loro comando. La stessa cosa, per coerenza, dovrebbe valere per un rapporto sessuale.
Tuttavia c'è un'altra teoria che fa riferimento all'interpretazione psichiatrica precedente che sostiene che un atto sessuale tra un adulto e un bambino è sempre dannoso per quest'ultimo e per lo sviluppo della sua psiche. Ed era proprio questa concezione che Foucault criticava denunciando la tecnica manipolatoria della psichiatria. D'altra parte per quale ragione questo pericolo dovrebbe riguardare soltanto i minori di 14 anni? Perché non i ragazzi di età superiore? Del resto non sarebbe ammissibile per particolari individui uno sviluppo precoce o ritardato rispetto all'età anagrafica? E se ciò è vero, come vorrebbe il buon senso, come si farebbe a valutare questa differenza nei singoli individui e stabilire l'età esatta? Forse che la psichiatria ha a disposizione strumenti così raffinati da riuscire a compiere misurazioni con una precisione matematica? Abbiamo visto come varia l'età del consenso da paese a paese. Ciò ci fa concludere che la risposta a questa domanda è negativa.
Si tratta di una questione tutt'altro che marginale. Si tratta del controllo che la società esercita sul nostro corpo. Si tratta della criminalizzazione di una determinata categoria di persone. Come nel medioevo si perseguitavano le streghe per la loro “natura maligna”, così oggi si perseguitano i pedofili, gli incestuosi, i “perversi” in generale. Non si guarda all'effetto delle loro azioni, ma alla loro “natura”, alla loro “malattia”, “devianza”. Devono essere, per la società, necessariamente dei criminali. E ciò che li rende tali non sono le loro azioni, ma il loro stesso essere. Basta definirli per denunciarne i crimini. E questi crimini non sono violenze o atti contro altre persone, ma i loro stessi desideri, le loro stesse pulsioni, la loro stessa psiche: loro stessi. C'è in questo un'ascendenza lombrosiana, che vede il comportamento criminale connaturato alla “natura” di particolari individui.
Non è un problema d'età. Non esiste un'età anagrafica al di sotto della quale il soggetto sia incapace di intendere e di volere sessualmente.
I bambini hanno anche loro pulsioni sessuali. E ne hanno anche e principalmente nei confronti degli adulti. Questo doveva già essere chiaro dai tempi di Freud. Eppure una sedicente scienza pretende di decidere per i bambini cosa questi devono e non devono desiderare, cosa e quali rapporti debbano avere e con chi. Definisce i “perversi” e li sottopone alla propria macchina inquisitoria, così come la Chiesa definiva l'eresia e torturava le “anime deviate”. Definisce anche le “vittime” di questi perversi e i modi per salvarli dalla loro “pestilenza” che contagia l'anima, come la ciarlataneria medica del Seicento escogitava i metodi per tenersi lontani dal contagio degli “untori”.
Gli psichiatri e gli psicologi odierni ridono dei loro antenati quando questi definivano “perversioni” pratiche come l'omosessualità o la masturbazione; ma loro stessi fanno altrettanto con gli “orchi” che periodicamente contribuiscono a dare un'atmosfera horror agli organi di informazione.
I pedofili sono al centro di questa furia “medicalizzante”. La pedofilia, si ribadisce perennemente, è una malattia. I pedofili sono degli stupratori. Ciò che fanno è male. Anche se lo fanno con il consenso della loro “vittima”. Qualunque minore entri in contatto con loro è potenzialmente in pericolo. I pedofili devono essere scovati, rintracciati, pedinati, inseguiti, catturati e poi, eventualmente, curati, perché sono un pericolo per la società. La loro anima deve essere “redenta”. Nel medioevo i monaci detenevano una rozza tecnologia per farlo, una croce, una bibbia, e gli strumenti di tortura. I moderni psichiatri tutte le tecniche che secoli di ricerca scientifica hanno messo loro a disposizione.
Foucault negava la validità scientifica di quelle discipline che intendono scovare il “male dell'anima”. Probabilmente su questo si sbagliava. La malattia psichica non è un'invenzione moderna, esiste davvero. Un uomo che stupra una donna è probabilmente malato. Un adulto che compie violenza su un bambino è forse anch'egli malato.
Ma dobbiamo distinguere tra i casi in cui viene esercitata una violenza e quelli in cui l'atto sessuale avviene con il consenso di entrambe le parti. La pedofilia non è di per sé una patologia. Così come non lo sono l'omosessualità, l'onanismo, l'incesto, la zoofilia e l'eterosessualità stessa. Ciò, ovviamente, non significa che un omosessuale, un onanista, un incestuoso, uno zoofilo o un eterosessuale non possano compiere violenze. Una particolare preferenza sessuale non è di per sé un crimine o una malattia da combattere. Questo dovrebbero averci insegnato secoli di storia di persecuzioni contro i diversi. Di crimine, di malattia, si tratta, laddove subentra la violenza. Laddove per provare piacere si ricorre alla sofferenza di un'altra persona è lecito parlare, sia da un punto di vista giuridico che medico, di devianza. Laddove, invece, la società si accanisce contro l'essere stesso di una persona, qualunque esso sia, non fa che reiterare l'ennesima persecuzione.
Su questo punto ritengo che il discorso di Foucault e di altri filosofi sia perfettamente condivisibile. Il loro ragionamento ci induce a una semplice conclusione: se il bambino è consenziente non c'è né reato né “perversione” da parte dell'adulto. Questo è una conclusione logica, ragionevole, e che pure ha suscitato scomposte reazione di sdegno da parte di certi “scienziati” benpensanti. Così si è espresso il grande psicanalista Massimo Fagioli: “Foucault dice esplicitamente che è lecito violentare un bambino” (
Left) oppure “E allora ricordo il pensiero criminale di Foucault che ha avuto l’idea di una sessualità umana senza identità, e dice che violentare e quindi distruggere l’identità di un bambino, è libertà” (Left).
Falso! Foucault non ha mai detto che è lecito violentare un bambino né che distruggerne l'identità sia libertà! Questa è l'interpretazione tendenziosa di un ciarlatano a torto considerato un “guru” della sinistra, osannato da politici come Bertinotti, riverito da giornali come Left su cui scrive interminabili articoli di due pagine tutte le settimane!
Per far capire il soggetto cito altre delle sue “perle” di sapienza: “a me sembra evidente che ciò che può portare a morte la sinistra è il pensiero criminale di Foucault, le idee stupide di Basaglia, il discorso razionale di Freud” (
ibid.). E sì, meno male che c'è Fagioli ad aiutare la sinistra, mica uno come Foucault che ha scritto testi che continuano ad essere letti e studiati in tutto il mondo e che ha aperto un nuovo universo quello della biopolitica che si dimostra ancora oggi fruttuoso; mica “le idee stupide” di uno come Basaglia grazie al quale sono stati chiusi i manicomi; mica uno come Freud che ha fondato la psicanalisi, disciplina che permette di vivere agiatamente allo stesso Fagioli e che ha osato addirittura – orrore! – fare un “discorso razionale”. Molto meglio discutere nei salotti con Bertinotti per parlar male dei più grandi pensatori contemporanei.
“Anche se tanti, sempre, mi hanno detto che sono brutto e cattivo a rifiutare Freud, Heidegger, Binswanger, Foucault, Basaglia, io continuo a dire che i maestri della vita e del sapere sono stati quelli che parlavano per immagini. E i nomi belli sono Shakespeare, Caravaggio, Picasso, e anche Raffaello, Leonardo, e tanti. Ma soprattutto Omero che aveva capito la negazione, che non era desiderio” (
ivi). Qualcuno ha detto a Fagioli che Shakespeare, Caravaggio, Picasso Raffaello, Leonardo e Omero non sono né filosofi né scienziati ma artisti? Forse non ha ancora compreso la differenza.
Questo parentesi solo per offrire un esempio del dileggio cui va incontro, da parte di chi poi parla di sinistra e di trasformazione sociale, chi si permette di mettere in discussione certi dogmi sociali che fanno riempire le pagine dei giornali e i notiziari televisivi. “Il mostro in prima pagina” è qualcosa a cui ci siamo tutti malauguratamente assuefatti e che diamo ormai per scontato.

26 commenti:

  1. Caro Matteo, su Massimo Fagioli non val la pena spendere una riga. Si commenta da solo.
    Tante cose mi verrebbero da dire. Il post che fai è ricchissimo di spunti. Allora due sole osservazioni: la prima ha a che fare con il concetto di consenso. Un bambino, essere desirante, e su questo non c'è dubbio, in che termini può essere definito "consenziente". Il consenso, a mio avviso, non si può disgiungere né dall'idea di libertà, né dall'idea di uguaglianza.
    Per poter dire di no devo essere in possesso di autonomia di giudizio e devo trovarmi su un piano di parità rispetto al mio interlocutore. Ora, mi sembra, questo non è il caso quando si tratta di una relazione tra adulto e bambino.
    Da cui l'idea, giuridica, di fissare un'età per il "consenso". Idea imperfetta sul piano filosofico, ma necessaria su quello pragmatico.
    Perché posso votare a 18 anni e non a 16 o 14 o 12 eccetera?
    La legge è obbligata a fissare dei paletti, che nascono dalle condizioni culturali di una società.
    In Utah si può ottenere la patente a 14 anni. Nello Stato di New York due anni dopo. In Utah le strade sono tutte dritte e il traffico è irrisorio. A New York...
    Il che non significa che magari un ragazzino di 14 anni potrebbe guidare perfettamente a NY, perché abile e "maturo", mentre uno di 16 potrebbe fare un incidente a Moab.
    La legge è imperfetta per definizione perché non può permettersi di statuire sul caso singolo. Ma è necessaria, perché senza regole è il "debole" a pagare. Il "forte" di regole ne ha meno bisogno.
    Ed è proprio questa necessità imperfetta che permette poi al giudice di "adattare" le pene al caso singolo. Non è vero infatti che il giudice sia obbligato a comminare la stessa pena, all'interno di uno stesso reato.
    La pena è modulabile, da x a y anni di prigione, per esempio, in funzione del singolo evento. E delle attenuanti o aggravanti del caso.

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  2. Cara Chiara, io innanzitutto intendevo mettere in discussione i criteri sulla base dei quali viene stabilita l'età del consenso che variano tanto da paese a paese. Onde per cui la stessa azione sarebbe lecita in un posto e illecita in un altro.

    L'obiezione che tu fai è che i minori (dove per minori intendo chi ha un'età inferiore a quella del consenso) non sarebbero capaci di "autonomia di giudizio" per cui sarebbe lecito non dare valore legale al loro consenso.
    Ma sulla base di cosa riteniamo che i minori non possiedano questa "autonomia di giudizio"? Dopotutto per altre cose sono ritenuti perfettamente in grado di decidere.
    Tu fai l'esempio della patente di guida. In alcuni paesi si può guidare a 14 anni, in Italia e in Europa a 18 (vorrei vedere però il quattordicenne dello Utah nel traffico di Roma e col cambio manuale!).
    Tuttavia l'esempio che fai non è pertinente per tre ragioni.
    Prima di tutto perché in questo caso il suo comportamento non ha ripercussioni solo su se stesso, ma anche su altri. Se non è capace di guidare rischia di mettere in pericolo non solo la vita propria, ma anche quella altrui. Non è così per un rapporto sessuale che riguarda solo i diretti interessati (tantopiù se si pensa che la vita non è in gioco).
    In secondo luogo la guida è un fatto oggettivo. Si può capire se qualcuno è in grado o meno di guidare e l'esame della patente serve appunto per stabilirlo. Ma mi parrebbe abbastanza ridicolo pensare di stabilire chi fosse in grado di fare sesso e chi no.
    In terzo luogo, essendo, come dicevo al primo punto, la sessualità un comportamento che interessa solo le persone coinvolte nell'atto, e non può danneggiare altri, lo Stato non dovrebbe intervenire in queste questioni.
    Proprio per questo rende i genitori responsabili dei minori. Ho fatto diversi esempi nel post.
    Se ad esempio il bambino decide di frequentare una persona, i genitori possono proibirglielo. Ma non possono pretendere che questa persona venga arrestata se il loro comando viene disatteso. Non possono pensare di mandare la polizia a casa di costui solo perché a loro sta antipatico.
    Con lo stesso ragionamento che tu hai fatto potremmo dire che il bambino non ha "autonomia di giudizio" e quindi fissare per legge le persone che può o non può frequentare e un'età del consenso anche in questo caso. Dopotutto potrebbe trovarsi con estranei e malintenzionati, visto che non ha "autonomia di giudizio" e quindi potremmo pensare di tenerlo recluso in casa per legge fino all'età del consenso. Questo per mostrare a cosa giunge una simile concezione se coerentemente sviluppata, a temere tutto e qualsiasi contatto sociale, una "società dei pericoli" come la chiamava Foucault.
    Proprio per evitare una simile assurda intromissione dello stato negli affari privati la legge stabilisce la responsabilità dei genitori nei confronti del minore. Il genitore può stabilire, entro certi limiti ovviamente, cosa il bambino può e non può fare. Ma è un qualcosa che riguarda loro soltanto. Possono proibire al bambino di avere rapporti sessuali con un adulto (ma perché poi solo con un adulto e non con un altro minore?) ma non mi pare coerente col principio suddetto che la polizia intervenga nel caso in cui ciò non avvenisse. E che addirittura arresti una persona che non ha fatto nulla di male! ma scherziamo?
    Questo tra l'altro mostra, in una società in cui la pornografia e il vouyerismo sono molto diffusi in televisione (e su questo Foucault avrebbe molto da dire!) la paur e l'interesse morboso che si continuano a nutrire nei confronti della sessualità, in particolare della sessualità dei bambini. Cosa c'è di sbagliato nel fatto che un bambino abbia rapporti sessuali, anche se con un adulto? Non c'è violenza, non c'è costrizione. Non si ledono i diritti di nessuno. Perché lo stato allora interviene?

    Infine se si ammette l'idea che la parola dei minori non è valida legalmente uno stupratore sarebbe uguale a un adulto che agisce col consenso del bambino, a parità di condizioni, attenuanti, aggravanti ecc. La logica non lascia scampo.

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  3. Cerco di risponderti punto per punto.
    Lo stabilire un'età del consenso (fittizia, finche vuoi, ma necessaria se debbono esistere regole) è legato alla cultura di una società. Può sconvolgerci nel caso dei matrimoni ammessi in certi paesi tra sposi bambini, ma l'assenza di regole, a mio avviso, sarebbe oltremodo nefasta.
    Poi, se seguo il tuo discorso, (che è un puro esercizio di logica, con tutti i limiti che questo comporta) perché allora stabilire che esiste una giurisdizione penale spêciale per i minori? Ben venga, quindi, la possibilità di condannare un minore con lo stesso metro utilizzato per un adulto, come, ahimé, succede in qualche stato americano. Perché arrogarsi il diritto di decidere a priori che l'atto "criminale" compiuto dal bambino non sia penalmente rilevante se il bambino, secondo te, può disporre degli stessi strumenti critici di un adulto?
    In questo caso, invece, la società civili "proteggono' il bambino. Proprio perché considerato soggetto debole, con un'autonomia di giudizio inferiore dovuta alla scarsità di esperienza o alla labilità delle proprie difese psicologiche. E per farlo stabiliscono un'età. Che magari nella fattispecie non corrisponde alla vera età mentale del soggetto. Il bambino che uccide il coetaneo, che tortura un altro coetaneo, dovrebbe secondo te essere trattato come un adulto?
    Terzo, il rapporto sessuale non mette in gioco la vita fisica.
    Ma non sono affatto sicura che non metta in gioco la vita emotiva (visto che la mette in gioco anche nel caso di adulti, maturi e consenzienti nel pieno senso del termine).
    Dissento poi totalmente dall'idea di padri madri padroni, autorizzati a decidere in toto dei comportamenti dei figli. Questo supporrebbe nei genitori piena responsabilità, lungimiranza, e capacità di sottrarsi ai regimi ricattatori interni alla famiglia. I casi di incesto taciuto, ad esempio, ed effettuati col consenso della madre per timore di ritorsioni da parte del marito sono molto più frequenti di quanto non si creda...Quasi sempre la madre o sosteneva di non aver visto oppure dichiarava di essere stata convinta del pieno consenso del figlio o della figlia, anche quando è proprio da questi ultimi che proveniva la denuncia...
    Io credo che la legge, la regola, sia imperfetta.
    Ma credo che l'assenza di legge sia estremamente pericolosa. E lo ripeto, non per i "forti" che possono difendersi da soli, ma proprio per i "deboli" che di tale capacità, psicologica, finanziaria, fisica, non dispongono.

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  4. e aggiungo, se un bambino di 12 anni vuole andare a lavorare, ce lo fai andare?

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  5. Chiara, io non ho detto che un bambino dispone "degli stessi strumenti critici di un adulto" questo non lo sostengo.
    Ho solo detto, come ho spiegato nel post, che un bambino sia perfettamente in grado di stabilire se vuole o non vuole un rapporto sessuale.
    La giurisdizione penale sui minori non c'entra in questo caso, nel caso di un minore che uccide o maltratta qualcun'altro stiamo parlando di un danno OGGETTIVO, e quindi non contestabile, che è tale indipendentemente dall'opinione degli individui, inferto a un'altra persona e qui è chiaro che è importante capire la capacità di giudizio del singolo.
    Nel caso di un bambino che decide di avere un rapporto sessuale volontariamente non c'è nessun danno che egli infligge a un altro e si tratta di una situazione SOGGETTIVA e quindi dipendente dal volere dei singoli coinvolti.
    Poi io non ho parlato dei padri padroni, ma solo di un principio stabilito dalla legge che affida i figli alla tutela dei genitori.
    Poi non capisco il nesso con l'esempio che tu fai. Nel caso di cui ho parlato non c'è nessun ricatto, il fatto avviene col consenso di entrambi gli individui. La violazione non mi pare sia di quell'assistente sociale, che non commette violenza alcuna, ma dello stato che pretende di negare al ragazzo il diritto di formulare il consenso. E nei confronti della donna che viene arrestata. Per quale ragione? Il principio degli stati liberaldemocratici è che un individuo è libero di fare tutto ciò che non danneggia altri. Qui mi pare che non ci sia danno, anzi, l'unico che commette danni è lo stato, che priva il bambino della libertà di scelta e la donna della libertà tout court! E' una palese violazione dello stato di diritto!
    Questa legge non difende affatto i deboli dai forti, ma al contrario, infierisce soltanto sui deboli in nome della "forza" del pregiudizio sociale.

    Interessante la questione che poni sul lavoro minorile.
    Se intendiamo lavoro minorile come sfruttamento sistematico dei bambini nelle cave per 13 ore al giorno io lo proibirei non solo per i bambini, ma per gli adulti stessi.
    Tuttavia ci sono dei ragazzini che lavorano come camerieri durante l'estate, dopo la scuola, per loro scelta senza che ci sia sfruttamento. In ogni caso qui si tratta del fatto che un bambino povero può essere indotto dalla povertà a lavorare, non da una libera scelta, come può essere nel caso della sessualità, per cui va bene lavorare in una pizzeria, ma con orari limitati.
    Tuttavia il principio che un bambino lavori di per sé non è sbagliato, è sbagliato lo sfruttamento del loro lavoro, come lo è lo sfruttamento degli adulti.
    Così il principio del rapporto sessuale non è sbagliato, ne è sbagliato lo sfruttamento, cioè la sua estorsione, la VIOLENZA compiuta per ottenere il soddisfacimento di un desiderio, ma non è questo il nostro caso.

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  6. Caro Matteo, il tuo ragionamento non funziona.
    Se consideri un ragazzino capace di intendere e di volere alla stregua di un adulto, capace dunque di dire sì in piena libertà e parità a un rapporto sessuale con un adulto, come fai a non accettare che la stessa piena libertà e parità costui non l'abbia utilizzata per compiere un atto giudicato criminale dalla società...
    O la stessa libertà non l'abbia utilizzata nel decidere di andare a lavorare invece di studiare o di cazzeggiare????
    E perché se può dire sì a un rapporto sessuale con un adulto non può anche votare?
    Come fai a stabilire che il consenso di un bambino è pieno, paritario e libero, mentre non lo è la sua responsabilità in altri campi?
    La diversa giurisdizione nei confronti di un bambino (che al di sotto di una certa età non è penalmente responsabile) si spiega proprio perché è inaccettabile attribuirgli la stessa capacità di intedere e di volere di un adulto.
    Se un ragazzino vuole vendere a 15 anni la casa che gli è finita in eredità, non lo può fare, per lo stesso motivo. Non ha a capacità di agire. Possiede quella giuridica, (che permette di proteggerlo, appunto, in quanto soggetto) ma non quella di agire, per gli stessi motivi.
    Ora, il tuo discorso potrebbe filare, se tu consideri l'atto sessuale alla stessa stregua di bere un bicchier d'acqua...
    Un secolo di psicanalisi ci ha spiegato invece che così non è.
    Magari il peso che ha l'atto sessuale nella nostra società è dovuto a tutto un insieme di totem e tabù sulle quali la stessa si è costruita. Ma non puoi far finta che non esistano.

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  7. Aggiungo poi che io alla famiglia (camera a gas di Cooperiana memoria e nido di nodi e patologie inestricabile) non affiderei nemmeno il mio cane...

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  8. Matteo, tu mi appari prigioniero di un'idea, la assumi come una verità assoluta, e da lì svolgi un ragionamento del tutto logico che, come pare anche Chiara ti abbia mostrato chiaramente, ti porta a risultati inaccettabili.
    Io, come credo sai, ho proposto una nuova ideologia in un libro recentemente pubblicato, e credo che non si possa davvero fare a meno di partire da un'asserzione che non possiamo fare discendere da altre, che è la base da cui partiamo. Mi va quindi bene che tu sposi un'ideologia, ma il punto è che qualcisasi ideologia, qualsiasi sistema di pensiero deve confrontarsi con le sue proprie conseguenze, col risultato secondo me del tutto positivo che non è la conclusione che trova conferma nel postulato iniziale e nel ragionamento logico sviluppato, ma piuttosto è il contrario, sono le conclusioni che possono promuovere o bocciare il postulato di partenza: solo in queste condizioni un'ideologia può essere accettabile.
    Nel merito, tu neghi decenni di evidenze sperimentali nel campo della pratica psicologica che non lasciano alcun margine di dubbio sulla facilità che una psiche ancora in formazione venga influenzata, fino al completo condizionamento. Ad esempio, un bimbo, certo non di 13 anni, magari di 8 sì, ha, dicono gli psicologi, una assenza di selezione: chiunque mostri un atteggiamento benevolo verso di lui, può catturarne l'attenzione e diventare oggetto dell'affetto del piccolo.
    Dicevo che sei prigioniero della regoletta liberale che dice che dove la questione riguarda solo due soggetti, senza effetti evidenti su terzi, lì la legge deve astenersi. Lo ripetevi chiaramente anche nei tuoi commenti a un mio post. immagino quindi che l'obbligo del casco o della cintura di sicurezza siano per te delle ingiustizie, un'ingiusta invasione di uno spazio che tu ritieni privato.
    Io non credo minimamente a questa regoletta, che trovo sia una facile scorciatoia logica che ha portato enormi guai all'umanità. Potrei farti un'enorme serie di esempi, ma il commento mi pare già abbastanza lungo e mi fermo qui.

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  9. Chiara.
    Tu metti sullo stesso piano due situazioni completamente diverse. Come ti dicevo se un minore compie una violenza contro una persona è un caso ben diverso che se non compie violenza alcuna. Nel primo caso la sua azione provoca un danno ad altri, nel secondo caso non provoca danni a nessuno. Nel primo caso egli compie un'infrazione penale, e per questo deve essere giudicato, nel secondo caso non compie infrazione alcuna e non deve essere giudicato da nessun tribunale (anche se di fatto poi questo avviene con l'ausilio degli psichiatri).
    Non puoi confondere responsabilità penale ed età del consenso, sono due concetti diversi, filosficamente e giuridicamente (tanto è vero che l'età del consenso non coincide con la maggiore età).
    Con questa logica che utilizzi di trasferire la responsabilità dall'individuo minore allo stato arriveremmo a conseguenze assurde. Ti avevo fatto l'esempio del bambino cui viene proibito dai genitori di andare a casa di un adulto e per questa ragione l'adulto, secondo questa concezione, potrebbe venire arrestato.
    Io non dico che il bambino debba fare ciò che vuole, so benissimo la differenza che c'è tra un adulto e un individuo non ancora formato. Ma questa non mi sembra una ragione sufficiente per arrestare un adulto che in fondo non compie violenza alcuna, non viola lo spirito della nostra legislazione e non commette altro che un reato "contro la morale". Ma questo non c'entra nulla con la responsabilità penale che è tutt'altra cosa.

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  10. Vincenzo.
    Me ne hanno dette di tutti i colori sulla mia idea politica, ma non mi hanno mai detto che sono prigioniero di una regola liberale, anzi, semmai mi si accusa del contrario.
    Comunque non capisco proprio a quale ideologia tu ti riferisca. Ho citato Foucault. A quale ideologia credi che egli faccia riferimento? Non era comunista, tantomeno liberale, non era neanche anarchico, come spesso superficialmente è stato considerato.
    Tu dici che quest'ideologia debba misurarsi con le conseguenze cui giunge. Io dico che non deve temerle. Sarebbe ridicolo quell'ideologo che una volta giunto a conclusioni radicali le rigettasse solo per la loro audacia. Sarebbe molto piccolo-borghese e molto poco onesto intellettualmente.
    Tu dici:
    "tu neghi decenni di evidenze sperimentali nel campo della pratica psicologica che non lasciano alcun margine di dubbio sulla facilità che una psiche ancora in formazione venga influenzata, fino al completo condizionamento"

    Niente affatto! anzi ne faccio un perno della mia teoria. Quello che tu non vuoi vedere è che la psiche di un bambino può essere influenza anche da uno psichiatra o da uno psicologo che devono interpretanre le parole e "difendere - secondo le parole di Foucault - il bambino dai suoi stessi desideri". Ti dirò di più. Che proprio psichiatri e psicologi, per la loro competenza e preparazione tecnica, sono quelli maggiormente in grado di influenzare la mente di un bambino, sanno esattamente come farlo, e sanno esattamente come far loro dire determinate cose. E saranno creduti data l'aura mitologica che circonda la scienza, oggi. Un'assistente sociale che ha un rapporto sessuale con un bambino non sarà MAI creduto in questa società, qualunque cosa egli dica, e ti sfido a contraddirmi su questo.
    Quanto al casco e alla cintura di sicurezza anche tu confondi piani diversi chi non mette la cintura di sicurezza o il casco prende una multa o perde qualche punto sulla patente, non va in galera.
    Chi fa sesso con un minore va in galera, perde il lavoro, sarà bandito dalla società e si ritrova con una vita distrutta.

    Tu dici che io sarei prigioniero di un'ideologia, ma non si capisce bene quale sia questa ideologia. Se vogliamo la nozione di consenso è perfettamente liberale e contrattualistica ed è una nozione che io contesto. Non si stipula un contratto prima di fare l'amore.
    Io dico invece che è più facile che sia tu ad essere prigioniero della "società dei pericoli", che individua e stigmatizza il "perverso", così come in passato stigmatizzava gli eretici, gli omosessuali, le minoranze etniche (e lo fa anche tutt'oggi). Sarai d'accordo con me se dico che un omosessuale, un rom, sono persone perfettamente uguali a chiunque altro.
    Ma quanto una persona mostra una preferenza sessuale, magari neanche esclusiva, per un bambino, o comunque marginalizzata dalla società, allora le nostre "regole liberali", per citarti, vanno in fumo.

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  11. Matteo, ho la sensazione che proprio non ci si capisca.
    I miei esempi NON riguardano l'oggetto di un atto, ma il principio per cui un individuo è trattato in modo diverso nel caso sia "minore" o "adulto".
    Questo diverso trattamento non lo si può accettare in alcuni casi e in altri no.
    Alla base della differenza di trattamento ci sta l'idea che un minore non è responsabile alla stessa stregua di un adulto.
    Non è considerato responsabile se decide di vendere o donare un bene che è di sua proprietà, anche se lo vuole con tutte le sue forze.
    Non è considerato responsabile se decide di smettere di andare a scuola per andare a lavorare. La legge glielo impedisce anche se lui giura e spergiura di voler lavorare.
    Non è considerato responsabile se spacca una vetrina anche se giura e spergiura che l'ha fatto con conoscenza di causa visto che detesta sommamente la proprietaria della vetrina.
    PER LA STESSA RAGIONE non è considerato responsabile se accetta di avere un rapporto sessuale con un adulto anche se giura e spergiura di volerlo e di amare alla follia costui.
    Perché questa arbitraria decisione di irresponsabilità?
    Semplicemente per proteggerlo.
    Per mantenere intatto il suo patrimonio (mio figlio si venderebbe la casa per una Fender).
    Per dargli tutte le possibilità di studiare e/o di cazzeggiare, com'è giusto alla sua età.
    Per impedire che vada in prigione, visto che lo spaccamento della vetrina, anche se gridato ai quattro venti, lo si considera frutto di intemperanza e immaturità.
    E l'adulto che ha un rapporto sessuale con un bambino viene punito in base alla stessa logica: l'aver fatto sesso grazie al consenso di un soggetto che tale consenso non lo può dare in piena e totale parità e responsabilità...
    Come sarebbe punito se si facesse regalare da un bambino una pietra preziosa.
    Si chiama plagio.
    Davvero non so trovare altre parole per spiegartelo.
    Personalmente conosco un sacco di amici che hanno dichiarato di aver provato un forte desiderio sessuale nei confronti di ragazzini o ragazzine. E non li considero affatto dei perversi.
    Diversa è la cosa se costoro passano all'atto sostenendo che tale atto è giustificato dal consenso di un bambino.
    Perché ad essere viziato è il consenso, non l'atto.

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  12. Ora capisco perché non ci capiamo: tu dici (cito)
    "Come ti dicevo se un minore compie una violenza contro una persona è un caso ben diverso che se non compie violenza alcuna. Nel primo caso la sua azione provoca un danno ad altri, nel secondo caso non provoca danni a nessuno. Nel primo caso egli compie un'infrazione penale, e per questo deve essere giudicato, nel secondo caso non compie infrazione alcuna e non deve essere giudicato da nessun tribunale".
    Nell'affermare quanto sopra fai un errore di fondo. Il bambino che compie un'infrazione penale NON È GIUDICATO (grazie a Dio), contrariamente a quanto affermi tu. Perché la legge non lo considera RESPONSABILE. Proprio perché bambino.

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  13. post lungo ma interessante. l'ho letto tutto, Bravo

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  14. Matteo, ancora qualche parola. E' inutile che tu mi citi Foucalt, un filosofo cresciuto nel clima sessantottino, uno dei più fedeli e spietati interpreti di quel clima culturale, che, tra l'altro, ho condiviso, ma da cui alla fine mi sono distaccato. Il motivo del distacco sta in questo post-illuminismo che nessun vero illuminista, a partire da Voltaire, si è mai sognato di proporre.
    Il principio ideologico cui mi riferisco proprio in riferimento a te, te l'ho ripetutamente espresso, ma lo farò un'altra volta: credere che esistano azioni che coinvolgano soltanto due soggetti senza coinvolgere la società nel suo complesso. Io a questo non credo più, e combatto per quanto nelle mie possibilità questo principio, perchè:
    - non credo che esista l'individuo
    - se pure esistessero individui, questi, come esseri sociali, si influenzano a vicenda, così tanto che tutta la nostra società è basata proprio su questo presupposto, che questi pretesi individui possano stare assieme, capirsi, in quelche misura tollerarsi, e anche, guarda un po' divertirsi assieme.

    Il secondo punto su cui vedo di dover tornare, è sulla questione della validità delle ideologie. Tu, scusa, ne fai una questione futile di essere piccolo borghese o non esserlo. Io, invece, ho presente le tragedie dell'umanità.
    Le religioni monoteistiche, ad esempio, sono un esempio eloquente di ciò che dico. Prendo il Vecchio Testamento, e affermo che è la verità rivelata. In nome di tale pretesa verità rivelata, uccido intere popolazioni. Se questi religiosi si fossero fermati un solo attimo a riflettere su ciò che stavano facendo, non lo avrebbero certo fatto, ma la cecità ideologica li ha portati a queste estreme conseguenze. Per questo, ribadendo la necessità di una coerenza ideologica, affermo che è l'effetto prodotto che può confermare la correttezaa di una teoria, anche quando questa formalmente si possa considerare logica. Essere logica e conseguente in sè non afferma nulla sulla sua opportunità: esistono dei valori come la sacralità della vita umana, la protezione per i piccoli della propria specie, che devono essere da tutti condivisi, sennò si finisce in uno stato di mostruosità logica, logica sì, ma mostruosa. Da questo punto di vista, il coraggio non è quello di portare alle estrweme conseguenze una certa fede, ma piuttosto quello di ripensarla e confermarla ad ogni istante: tutto il contrario di ciò che tu affermi.

    Nel merito: io sono contrario a qualsiasi eccessivo intervento sui bambini. Certo, essi vanno educati, ma tutto questo mondo di psico-qualcosa a me non va affatto bene, e concordo con te che essi costituiscono una forma indebita di condizionamento verso i piccoli (ed anche verso gli adulti). Io vado oltre: sono per la dissoluzione della famiglia, perchè sono contrario anche al condizionamento che l'ambiente familiare induce. Il problema della crescita dei piccoli è un gran problema, ma tutto deve partire da una cosa che a Chiara e me appare ovvia, ma che tu neghi: un bambino non sceglie nulla, neanche in campo affettivo. Se una donna di trent'anni, quando io ne avevo tredici, si fosse offerta a me, io, ora ne sono certo, avrei accettato, non avrei mai potuto rifiutare. Tu questo non lo capisci, eppure è un concetto semplice e tu sei una persona molto intelligente, ma sei reso cieco dalla tua ideologia, fino al punto da non volerti più misurare con le conseguenze e fino a negare anche l'evidenza.
    Io sono per professione uno sperimentalista, e sono il primo a rifiutare lo scientismo. Ti devo però dire che la mia pratica lavorativa mi ha educato a una cosa, che vedo condivdere con tanti colleghi: l'esigenza costante della verifica, quello che altri definiscono lo scetticismo dello scienzato. Non importa quanto sia convincente ciò che dico o che altri mi dicono, voglio vedere i risultati. Mi pare un'ottima metodologia.

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  15. Chiara.
    Ti sbagli: non è vero che i minori non sono giudicati. Essi lo sono, semplicemente non vanno in carcere (questo in teoria perché nella pratica esistono i cosiddetti "riformatori" altro esempio dell'ipocrisia della stato liberaldemocratico).
    Comunque il principio che io esprimo è chiaro: Un bambino non è considerato responsabile di atti che possono avere una ricaduta non solo su di lui, ma anche sulla società: la vendita di un patrimonio (in ogni caso non so quanti bambini posseggano una casa! e comunque la sua gestione è affidata ad un adulto) condiziona il mercato, quanto alla scuola dell'obbligo essa fu introdotta per evitare che i genitori impedissero ai loro figli di andarci. Anche in questo caso poi non andare a scuola avrebbe una ricaduta sociale: se un paese ha molti giovani ignoranti questo finisce per condizionare negativamente anche altri che hanno scelto di studiare (non troverebbe insegnanti o colleghi abbastanza preparati). Per questa stessa ragione si impongono le cinture di sicurezza per chi guida, perché molte morti sulle strade non riguardano solo le vittime ma diventano un fenomeno sociale (come la droga, l'alcool, il fumo, ecc.) che ha dei costi per la società e non solo per la vittima.
    Un bambino non sempre si rende conto della ricaduta sociale e su altre persone del suo gesto. Si rende conto benissimo, invece, delle conseguenze immediate che le sue azioni hanno su se stesso. E si rende conto benissimo che se egli desidera una donna, o un uomo, un rapporto sessuale gli procurerà piacere e non dolore. E non si può che dargli ragione.
    Non vedo proprio quale ricaduta sociale negativa possa avere il rapporto sessuale di un bambino con un adulto. Del resto i bambini hanno una sessualità, hanno dei desideri e questi desideri possono sfogarli in tre modi: a) con la masturbazione, b) con il rapporto sessuale con altri coetanei, c) con il rapporto sessuale con un adulto. Tutte queste tre forme, guarda caso, sono state oggetto di manipolazione e di controllo da parte delle autorità nel passato e nel presente. E corrispondono, da a) a c) a un piacere crescente per il bambino. La masturbazione è stata "sdoganata" da psicologi e psichiatri (quelli stessi che la condannavano!). Ma basta ricordare solo qualche decennio fa come era vista.
    Il sesso con altri coetanei è anche questo praticato e gli adulti fingono di ignorarlo, come se non esistesse, per il solito meccanismo psicologico del diniego (che coinvolge gli stessi psicologi). Comunque in qualche modo la ferocia persecutoria che esisteva nei collegi per questa pratica sembra essersi smorzata (anche se sostituita dal diniego).
    Il sesso con adulti rimane invece un tabù e oggetto di persecuzione. Lo hai confermato tu stessa escludendo la possibilità che un bambino possa davvero trovarvi giovamento, eppure nello stesso tempo hai ammesso che il bambino desidera. Quindi delle due l'una: o il desiderio deve essere soddisfatto, oppure represso. Ora dubito che quest'ultima sia la soluzione migliore. Anzi credo che sia questa ad essere dannosa, non l'atto sessuale, con tutto ciò che comporta la repressione (sensi di colpa, frustrazione, ecc.).
    Avete parlato tu e Vincenzo di plagio, come se un bambino non possa desiderare "autenticamente" e per farlo deve essere plagiato. Come se il desiderio del bambino possa essere soltanto "indotto". Tuttavia non vi preoccupate di un altro plagio, quello fatto dai controllori della sessualità del bambino, i medici, e da tutta quella cultura (diffusa da preti, insegnanti, genitori e naturalmente televisione) che insegna una sessualità traviata, fatta di sensi di colpa e di tabù come quello di cui stiamo parlando

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  16. Vincenzo,
    non so se te ne sei accorto ma il tuo ragionamento è circolare.
    L'ideologia è un sistema teorico e sociale che partendo da determinate premesse giunge logicamente a determinate conseguenze. Le conseguenze, quindi, sono proprio ciò che si vuole determinare, non sono il presupposto, ma la conclusione. Mi servo di una ideologia proprio per scoprire quali conseguenze devo trarne.
    Tu invece dici: un'ideologia che giunga a conseguenze inaccettabili deve essere rifiutata. Evidentemente queste conseguenze sono inaccettabili perché contrastano con i comuni assunti sociali, il comune modo di pensare, "le idee dominanti" come direbbe Marx. E' inaccettabile ad esempio che un bambino faccia sesso, perché comunemente questo è quello che si crede.
    Tuttavia un'ideologia (nel senso più alto del termine, quello gramsciano) ha lo scopo non di confermare i comuni assunti, ciò di cui ci si è già convinti, che altrimenti sarebbe inutile. Ma di giungere a corrette conseguenze, cioè a conseguenze cui diversamente non saremmo potuti giungere. Se queste contrastano con gli assunti comuni, sono questi ultimi che vanno respinti.
    Tu invece dici: l'ideologia serve per giungere a determinate conseguenze, ma queste conseguenze le conosco già. Ma allora a che serve questa benedetta ideologia? Le conclusione le hai già stabilite dal principio, tant'è che se ti porta lontano da esse la rifiuti. Giustifichi le conseguenze cui giungi con l'ideologia e l'ideologia con quelle che dovevano esserne le conseguenze.
    In questo, tra l'altro, modo non ci sarebbe progresso sociale. Non faremmo altro che appiattirci sul modo comune di pensare, perché altrimenti giungeremmo a conclusioni "inaccettabili". Socrate, Giordano Bruno, Galileo, Voltaire, Marx, non sarebbero mai esistiti come pensatori. I più grandi ideologi sono stati sempre dei rivoluzionari. Il tuo discorso circolare invece elimina qualsiasi possibile rivoluzione.

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  17. Caro Matteo, ti sbagli tu. Il nostro Codice Penale è chiaro là dove, all'art.97 statuisce :"Non è imputabile, chi nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i 14 anni". Il che stabilisce una presunzione iuris e de iure di non imputabilità che va addirittura oltre alla capacità di intendere e di volere statuita all'art.85.
    Se addirittura un giudice insistesse nel voler istituire un procedimento e nell'esprimere una condanna nei confronti di un minore di 14 anni, tale procedimento, come già la giurisprudenza ha stabilito, sarebbe da considerarsi inesistente.
    ed è giusto che sia così....
    E davvero sei convinto che la vendita di un patrimonio sia negata al minore perché il fatto modificherebbe la stabilità del mercato immobiliare?????
    E poi spiegami cosa ti induce ad essere così convinto che un bambino sia perfettamente lucido sulle ricadute personali del proprio comportamento? Io, nonostante l'età, non lo sono così lucida. magari devo tornare bambina... Io ancora non so se un rapporto sessuale con un uomo o una donna mi procurerà piacere o dolore. Nella mia vita, mi è capitato di scoprirlo "dopo", e a volte a mie spese. Ma ero già grandina, e forse avevo qualche difesa in più di quanto non ne avessi avuto da bambina.
    In realtà quello che mi rende perplessa del tuo discorso (e delle posizioni di Foucault, sui cui feci a suo tempo la mia tesi, o prima di lui di Reich) è il non porsi la questione, in questo caso, dell'assenza di parietarietà nella relazione.

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  18. Chiara, se il bambino prova dolore o disagio nulla vieta d fermarsi, fa parte di qualsiasi rapporto consensuale, non solo sessuale. E' una elementare legge della sopravvivenza, se qualcosa dà piacere la continuiamo, se dà dolore ci fermiamo. Non riesco ancora a capire dove sia il problema.

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  19. In ogni caso i bambini, in caso di infrazione penale, sono comunque sottoposti a un giudizio anche se non per essere condannati, fosse anche soltanto per decidere se la loro custodia debba essere affidata allo stato.

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  20. Matteo, mi fermo qui perché altrimenti si arriva alle calende greche...
    Sono però stupita dalle certezze che possiedi.
    Se qualcosa dà piacere la continuiamo e se dà dolore ci fermiamo....dici tu.
    Se fosse così semplice...non hai mai conosciuto delle donne che si fanno picchiare, violentare, magari proprio dal marito, e continuano a starci assieme perché non hanno la forza o la capacità o la presenza o il coraggio di dire no??????
    Magari adesso mi dirai che se ci stanno assieme è perché sono contente così?
    Se non riesci a capire dove sia il problema, e ti credo, guardati intorno...

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  21. Chiara io parto dal presupposto che ci sia consenso reciproco. Se c'è la violenza allora stiamo parlando di altro e in questo caso lo stato ha il diritto e il dovere di intervenire, ma solo in questo caso.
    Ma come tu stessa hai detto violenza ci può essere anche nei confronti di una donna adulta, non necessarimente di un bambino. Il principio allora non è che lo stato debba intervenire quando non viene raggiunta una certa età, ma quando viene compiuta una violenza, di qualunque tipo.

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  22. e quando si tratta di un bambino come lo sai?

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  23. Esistono indagini, esistono referti medici per vedere se ci sono segni di violenza sul corpo, esistono tribunali, esistono testimoni, indizi, prove, ecc.
    Naturalmente esisterebbe anche la parola del bambino stesso ma questo solo nel caso che la legge sul consenso non la consideri nulla.

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  24. @Matteo
    Descartes non ha dimostrato proprio nulla, faceno tra l'altro lui un ragionamento circolare da tutti noto, che tralascio per brevità. L'evidenza che tu hai della tua esistenza individuale potrebbe essere un'apparenza e, ti assicuro, che non c'è modo di dimostrare il contrario, anche perchè in filosofia già da tempo è chiaro che non si può dimostrare proprio nulla. Quando qualcuno dice che dimostra qualcosa, lo devi guardare con sospetto. Solo i teoremi matematici si dimostrano, ma solo a partire da determinate assunzioni e seguendo alcuni criteri logici. Ma non c'è modo di dimostrare la correttezza dei presupposti, nè la correttezza dei procedimenti logici. Infine, chi ti dice che ciò che è logico è anche vero? Da tempo, io, che mi pare si veda come sappia essere logico, antepongo ai criteri logici i criteri dell'evidenza argomentativa, che utilizza la logica, ma non soltanto questa.
    Sulla seconda parte, non ci capiamo per niente. Certamente che nello sviluppare un sistema di pensiero, uno si immagina di giungere a certi risultati, ma questo ti basta? Io dico che i risultati vanno verificati, e per questo portavo nel commento sul tuo blog l'esempio delle scienze sperimentali. Tu fai un esperimento perchè vuoi ottenere determinati risultati, ma solo l'esperimento, una volta eseguito, ti può confermare nella tua ipotesi. Tu invece sembri dire che se tu hai teoricamente predetto un risultato, non c'è modo che sia diverso. Eppure hai presente le tragedie storiche del secolo passato, incluse quelle che hanno coinvolto il mondo socialista. Non mi dirai adesso che ti vanno bene i milioni di russi trucidati da Stalin, che questo è un tragico prezzo della storia. Se è questo che pensi, credo che non abbiamo più akcun motivo per dialogare, perchè, come dicevo, nessuna ideologia ha diritto di essere inumana, cioè andare contro gli istinti che vediamo riflessi in tutte le specie animali e che quindi l'uomo deve condividere. Purtroppo, l'uomo è l'unico animale in grado di violare la sua stessa propria natura. Per questo, richiamavo l'esigenza di verificare a posteriori le conseguenze effettive dell'applicazione di una determinata ideologia.
    Tu banalizzi quello che dico. Eppure, l'esempio che ti portavo era, mi pare, abbastanza eloquente. A me non interessa stabilire se i musulmani ammazzano per difendere il potere di un certo determinato numero di persone, ma mi interessa piuttosto stabilire come l'ideologia musulmana conviva con questi omicidi di massa. Se basta che un potente decida di ammazzare perchè un'ideologia porti a conseguenze di questo tipo, c'è qualcosa di sbagliato nella stessa ideologia. Tu fai l'esempio di Cristo, ma io ti portavo invece l'esempio del Vecchio Testamento, dove c'è scritto il famoso detto "occhio per occhio, dente per dente", tanto per citarne uno. Questa ideologia, tra l'altro condivisa da tre religioni che mettono assieme qualcosa come svariati miliardi di anime in tutto il mondo, per me è radicalmente sbagliata, inumana, è quindi sbagliata in sè, non come tu vorresti significare nella sua applicazione. Le religioni monoteiste sono una disgrazia dell'umanità, forse la peggiore delle sue disgrazie. Non è che le abbiano applicate male, sono in sè da rigettare e nella loro totalità.
    Il punto fondamentale però è quello precedente: dalle tue parole, sembrerebbe doversi dedurre che tu premetti alla realtà effettiva come storicamente determinata, un'ipotesi teorica che non può fallire, e se è fallita, è sempre colpa di circostanze contingenti che potremo sempre evitare. Questo è un ragionamento fideistico che, da sperimentatore, non accetterò mai. Una teoria deve sì avere una sua coerenza e deve certo tentare di prevedere la sue stesse conseguenze, ma nulla può sostituire la sua messa alla prova sul campo, nella vita concreta di individui concreti.

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  25. Su questo ti ho già risposto sul tuo blog.

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  26. ciao Matteo, è un dibattito interessante

    sono stato assente da internet qualche giorno e ora vedo una marea di discorsi che mi rendono difficoltoso anche formulare un parere all'altezza del vostro

    a mio modo di vedere però anteponi troppo il punto di vista ideologico rispetto a quello pratico: per "proteggere", per motivi ideologici (peraltro discutibile, dato che le premesse da cui parti non mi sembrano inattaccabili), quel caso su un milione che ci sarà di bambino di 9 anni sufficientemente consapevole da fare sesso con un adulto, sembri disposto ad approvare modifiche di legge che faciliteranno la miseria di una quantità ben maggiore di vittime di abusi

    il caso specifico è poi per me sufficientemente eloquente; e la volontà egoistica di infrangere la legge che doveva pur conoscere (è il suo lavoro) nonostante tutto, mi fa propendere per una condanna senza appello dell'assistente sociale in questione

    esiste una virtù chiamata temperanza; e una legge che consentisse il puro soddisfacimento dei propri egoistici desideri, condotto evidentemente senza dubbi o considerazione per l'oggetto del proprio desiderio, io lo trovo disumano ben più di una "legge sul consenso"

    sarebbe interessante il punto di vista di pedagoghi e pediatri a riguardo; io parlo da ignorante sentimentale, comprendo il tuo punto di vista, ma mi arrogo il diritto di non condividerlo affatto

    ciao

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