giovedì 9 luglio 2009

L'oro verde


I biocarburanti rispettano l'ambiente? No, ma affamano le popolazioni




Non so se vi è capitato di vedere la puntata di ieri di “C'era una volta” su raitre, uno di quei pochi programmi apprezzabili della televisione. Per chi come me non guarda la televisione generalista sa che certi ottimi documentari bisogna andarseli a cercare dopo mezzanotte, salvo rare eccezioni.
La puntata trattava di un tema spesso trascurato dalla grande informazione, attenta, molto al prezzo del petrolio, e poco a quello di altri beni.
Eppure sui biocarburanti si è innescata una vera e propria corsa all'oro, anzi al mais.
Per chi non abbia visto la puntata tento qui di riassumerla.
Dopo che il prezzo del petrolio negli ultimi anni raggiunse cifre vertiginose i grandi investitori cercarono un'altra fonte su cui investire. E la trovarono in un combustibile “dal volto umano”, l'etanolo. Può essere ricavato da colture come il mais, è poco costoso, non inquina e riduce la dipendenza dai paesi produttori. Questa era la rappresentazione comune che se ne dava fino a poco tempo fa e che è ancora oggi molto diffusa. In realtà le cose non stanno così.
Gli Stati Uniti hanno investito molto sulla produzione di carburante cosiddetto “biologico”, con grande soddisfazione per le aziende agricole americane e per i produttori di etanolo.
In sintesi si può dire che tutti i presunti vantaggi di questo combustibile siano una menzogna colossale. Innanzitutto gli ingenti investimenti in questo settore hanno fatto crescere il prezzo dei generi alimentari. Siccome i produttori di etanolo avevano bisogno di ingenti quantità di mais, la domanda sul mercato internazionale è aumentata vertiginosamente e per una elementare legge del mercato è aumentato vertiginosamente anche il prezzo. Questo ha causato una crisi alimentare nei Paesi in via di sviluppo.
Secondo, non è vero che sia poco costoso. La resa energetica delle colture di mais per produrre carburante è appena positiva. Se si utilizzassero tutti le colture di mais presenti negli Usa per produrre carburante si arriverebbe a soddisfare appena il 16 % del fabbisogno. Il governo degli Stati Uniti, sia quello di Bush che di Obama, hanno fortemente incentivato le colture destinate alla produzione di carburante. Senza questi incentivi probabilmente il “bioetanolo” sarebbe stato molto meno conveniente.
Terzo, non è vero che non inquina. L'etanolo inquina come inquina la benzina. Per produrre etanolo si inquina come si inquina per produrre benzina. Evidentemente questo ecologismo di facciata era la copertura che serviva per giustificare un così massiccio investimento.
Gli Stati Uniti sono stati tra i paesi che più hanno fatto ricorso a questa fonte di energia. Assieme a loro il Brasile, che la utilizza già da tempo, ricavando etanolo dalla canna da zucchero, coltura molto presente in questo paese. Eppure quelle già esistenti non bastavano. Servivano delle altre. Così si è dovuto disboscare per impiantare colture per sfamare automobili. Le popolazioni indios sono state espropriate della loro terra e costrette a lavorare a cottimo nelle piantagioni di canna da zucchero.
La conseguenza è stata l'aumento del prezzo non solo del mais o della canna da zucchero, ma di tutti i generi alimentari. Tutti. Ancora per una elementare legge del mercato, tutti investono su una merce che ha un certo costo, questo costo scende, e intanto si disinveste dagli altri settori, il cui prezzo così sale. Il prezzo della prima merce è sceso, quello delle altre è aumentato. Così si attestano su un prezzo medio che però è superiore a quello precedente.
Nel mondo impazzava la crisi alimentare. Le popolazioni di tutto il pianeta venivano affamate ancora di più. Per riempire i serbatoi delle automobili si strappa il cibo a chi soffre la fame. Il governo brasiliano ha da sempre negato la responsabilità nell'aumento del prezzo dei generi alimentari. E ciò significa che è impegnato a perseguire altrettanto tenacemente nella sua politica.
Gli investitori di tutto il mondo si sono catapultati sui biocarburanti. Hanno continuato ad acquistare quote di mais e di colture il cui prezzo è in continua salita, per la domanda crescente dei produttori di carburante. Tutti vi investivano. Anche il fondo pensione del lavoratore americano. A un certo punto ci si accorge che i costi non sono più così convenienti come prima. Così è iniziata la corsa al ritiro dei capitali da questo settore. Prima che arrivi il momento di una nuova speculazione e di una nuova bolla, e così via, all'infinito.
La conclusione che io ne traggo è che il fatto, oltre che un avvenimento reale, è una metafora di tutto il sistema e di come funziona. Stati Uniti, Brasile, e quel comitato d'affari che parla di grandi ideali che è l'Unione europea, si sono gettati su questa nuova impresa del Capitale Internazionale. Con i soldi dei contribuenti, dei risparmiatori e dei fondi pensione di ignari lavoratori, hanno privato milioni, miliardi di esseri umani del nutrimento. Gli hanno tolto il cibo dalla bocca per farne carburante. Chissà quante persone sono morte perché gli agiati cittadini del mondo “evoluto” potessero sfrecciare sui loro Suv.
La finanza impazzisce. O meglio, è proprio pazza per costituzione. Si specula su un prodotto finché raggiungerà prezzi inarrivabili, poi si torna indietro e si specula su un altro per farne nuovamente crescere il prezzo. La legge del capitale è la legge della schizofrenia finanziaria.
I governi arrancano per finanziare disperatamente l'ipertrofia della produzione e del consumo. Danno soldi alle banche e alle imprese mentre migliaia di lavoratori perdono il posto.
Tutti dicono che per fermare la crisi ci vogliono le famose regole. Mi fa pensare a quel bambino che voleva svuotare il mare con un secchiello. Finita questa crisi, ce ne saranno delle altre. È inevitabile. È il mercato stesso ad essere insofferente nei confronti delle “regole”.
Questo sistema non è più sostenibile. Il Capitale non è più sostenibile. Non è sostenibile non solo per gli sfruttati, ma per gli stessi sfruttatori, che non sanno più cosa inventarsi per tappare le falle di un meccanismo pronto a esplodere.
Smettiamola di credere alla balla dello “sviluppo sostenibile”, questa espressione per anime ingenue a cui non crede neanche chi la pronuncia. Lo sviluppo non è sostenibile. Presto o tardi anche la classe pseudo-media cadrà nella povertà completa. È finita l'era della scalata sociale, della “meritocrazia”, delle “opportunità”, del “sogno americano” o comunque vogliate chiamarlo, non si possono più trovare palliativi, compromessi, o “terze vie”, è necessaria una trasformazione radicale dell'economia e della società. Non basta uscire dalla crisi. Bisogna uscire dal sistema che l'ha prodotta.

4 commenti:

  1. Tra tutti gli svantaggi del biocarburante, come li hai ben spiegati, mi soffermerei sull'elemento inquinante, dovuto alla filiera di produzione. Purtroppo è un aspetto molto poco considerato, non solo in questo caso, ma anche, ad esempio, per dire che l'energia nucleare mette al riparo dall'inquinamento di CO2. Considerando tutta la filiera, anche in questo caso, è un falso assoluto.

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  2. Tutto sottoscrivibile. Tuttavia, dal punto di vista dell'effetto serra, le cose sono diverse rispetto all'utilizzo dei combustibili fossili, perchè la buiomassa è una risorsa rinnovabile: l'anidride carbonica che si forma quando sibrucia l'etanolo, viene assorbita dalle piante che produconio la biomassa. Invece, coi combustibili fossili, noi immettiamo anidride carbonica che rimarrà lì, in quanto quel conbustibile è il prodotto di milioni di anni di accumulo precedente.
    In ognicaso, il punto fondamentale che tu sottolinei è che in questo modo noi otteniamo il combustibile affamando i poveri della terra, questo è più che evidente, e nessuno può affermare il contrario.

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  3. ...e sarà comunque troppo tardi...

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