mercoledì 5 agosto 2009

Spugne e api operaie




Da questa mattina la polizia sta procedendo allo sgombero della Innse in via Rubattino a Milano, lo stabilimento presidiato da mesi da una quarantina di operai che si oppongono alla chiusra della fabbrica. La situazione, secondo la Questura, per ora è sotto controllo e sul posto sono arrivati alcuni giovani dei centri sociali per dare solidarietà agli operai. Allontanati dai cancelli, i lavoratori hanno tentato di bloccare la vicina Tangenziale Est ma sono stati respinti da una carica della polizia al termine della quale due operai sono rimasti contusi. Ma il presidio non si è sciolto ed è stato riformato in via Rubattino a qualche metro dai cancelli della fabbrica dove sarebbero già iniziate le operazioni di smantellamento dei macchinari ceduti dalla Innse a un'altra azienda. Secondo quanto è stato riferito, le forze dell'ordine stanno eseguendo un provvedimento con cui la magistratura ha disposto la riconsegna dei macchinari e del sito industriale. Pertanto le operazioni dureranno circa una settimana, tempo necessario alle ditte interpellate per entrare nella fabbrica e smontare i macchinari. La vicenda della Innse si trascina dalla fine del maggio dell'anno scorso, quando l'imprenditore Silvano Genta comunicò ai dipendenti con un telegramma di aver avviato la procedura di mobilità. Da allora la fabbrica è stata autogestita dagli operai che hanno continuato a produrre. Poco meno di un anno fa lo stabilimento è stato messo sotto sequestro dall'autorità giudiziaria, infine dissequestrato e da allora vigilato giorno e notte da un gruppo di operai.
Osservatorio sulla repressione, 2 agosto 2009

PANAREA - Sta meglio, parla, ed è fuori pericolo anche se rimane ricoverata in rianimazione la ragazza di 18 anni, veneta, finita in coma etilico dopo aver partecipato ad una festa in barca al largo di Panarea.
LA DINAMICA - La ragazza era lunedì sera assieme a un centinaio di altri giovani che a bordo di diverse imbarcazioni avevano raggiunto lo scoglio di Lisca Bianca, improvvisando lì una sorta di rave party marino, con musica a tutto volume e bevande alcoliche. Improvvisamente la diciottenne ha perso i sensi e gli amici con un gommone l'hanno trasportata al porto di Panarea. Qui la guardia medica, che ha riscontrato un coma etilico e riscontrato le gravi condizioni, ha richiesto l'intervento dell'elisoccorso del 118 per il trasferimento al Papardo.

Il Corriere della Sera, 4 agosto 2009


Storie di ordinaria follia, direte voi. Eppure sono storie che riguardano tutti.
Certamente, se vuoi trascorrere una vacanza in un certo modo sono affari tuoi. Però non lamentarti se ti capita una cosa de genere. Hai voluto fare la tua fottutissima vacanza da ricca, sopra una barca con gente che neanche conosci, a sbronzarti come una spugna, fino a perdere quei pochi neuroni che hai e quel poco di dignità che ancora ti rimane. Una tua scelta. Hai voluto provare l'ultima moda creata appositamente per i citrulli come te, nell'isola dei vip, imitando le ostentazioni di gente che ha anche più soldi di te, guadagnati in modo non certo cristallino. Una tua scelta. Hai voluto sguazzare nella melma del lusso lontana (ti illudi) dalla miseria, lontana dalla merda su cui è costruito lo spreco di denaro, di energie e di corpi umani. Non ti sei voluta porre nessuna domanda. Non ti sei chiesta chi è quel ragazzo carino che hai visto, e con cui più tardi hai fatto sesso, se sia un cretino qualunque o un mafioso qualunque, anche se la differenza è minima, non ti sei chiesta chi è che produce quel marciume che tu chiami “vita” e quella manipolazione che tu chiami “festino”, “party” e perché lo produce. Una tua scelta. Dici che lo scopo è divertirti. Ma ignori o fingi di ignorare che quel “divertimento” è fabbricato dai padroni della tua vita, del tuo cervello e persino del tuo corpo, attraverso il quale ingrandiscono il Capitale. Non solo il loro capitale, ma il Capitale in generale. E controllando voi, servi del sistema, sguatteri volontari del profitto, prostituti della grande industria culturale, controllano anche noi, che quel sistema, quel profitto e quell'industria culturale la odiamo e la respingiamo. Una tua scelta, ma una scelta che imponi a noi tutti, perché a noi tutti imponi di vivere in questo paese e in questo mondo, che noi non abbiamo scelto e che tu ti illudi di scegliere.
Con la tua scelta eterodiretta ci hai imposto la tua società di spugne, di amebe, di lobotomizzati e anche di parassiti. E quando parlo di parassiti non mi riferisco a te. Tu non sei una parassita, ma l'essere parassitato, quello da cui i pidocchi succhiano tutto il nutrimento, anche a costo di mandarti in coma, che poi fanno passare per una tua libera scelta. I parassiti occupano il posto più alto nella scala gerarchica. Le spugne quello più basso. Anzi, il penultimo, perché sotto di loro ci sono le api operaie. Le spugne sgobbano per i parassiti. Ma lo fanno in un modo diverso. Lo fanno in un modo diverso dalle api operaie, che sono costrette a lavorare e quello che fanno non amano farlo. Non amano il sistema, le api operaie. Le api operaie, quando si incazzano, fanno vedere i sorci verdi ai coltivatori di miele. Bisogna avere il massimo rispetto per le api operaie. Soprattutto quando si incazzano.
Le spugne invece no. Loro assorbono tutto quello che gli viene buttato giù. Non solo alcool. Anche cultura commerciale, robaccia fatta passare per arte, magari arte “postmoderna”; kitsch, divertimenti prefabbricati, omologazione di massa, spersonalizzazione, assuefazione alla follia del sistema, persino gradimento di esso, individualismo senza l'individuo “alternativismo” senza alternativa, “trasgressione” senza contestazione. Assorbono tutto questo e lo rendono ai parassiti sotto forma di oro.
Le spugne amano il loro sfruttamento, amano le loro catene e non vogliono minimamente spezzarle. Le spugne non si incazzano. Non sono come le api operaie. Le spugne, quando anche si incazzano, lo fanno contro coloro che vogliono rompere quelle catene ricoperte di fiori, oppure contro coloro che sopra le catene non hanno nessun fiore, i diseredati, i barboni, gli accattoni che chiedono loro qualcuno di quegli spiccioli che loro preferiscono sprecare, i clandestini che rubano loro il paese che non sono capaci di costruire.
Le spugne non si ribellano. Credono di farlo, ma in questo modo non eseguono altro che ordini impartiti dai parassiti. Una ribellione che non sia contro il potere non è una ribellione. Una ribellione fatta in nome del potere non è una ribellione. Eppure questo non lo capiscono. E allora si ribellano contro le api operaie. Formano le loro maggioranze silenziose che diventano rumorose soltanto nelle loro villette o nelle discoteche dei parassiti, durante i loro festini, durante una sbronza o dopo una sniffata di coca.
Le spugne, sopra ogni altra cosa, amano i parassiti. Quegli stessi parassiti che nutrono col proprio sangue. Li amano perché sperano di diventare, un giorno, come loro. Per questo li imitano. Per questo si indebitano per comprare una casa enorme, come fanno le spugne americane, o rischiano la vita per fare una vacanza esotica, o magari si ubriacano fino a restarci secche. Assorbono fino a scoppiare e poi si strizzano fino a disidratarsi. In questo credono di imitare i parassiti. Ma i parassiti non scoppiano e non si disidratano. Solo le api operaie possono far scoppiare i parassiti. Ma sono ormai ridotte in miseria e odiate da tutti. Per questo molte di loro cercano di diventare spugne, ma è tutto inutile. Loro sono e resteranno sempre delle api operaie. Solo una rivoluzione potrebbe farle diventare qualcos'altro. Magari delle farfalle, che volano libere dai coltivatori di miele, dai parassiti e dalle spugne e si posano sul fiore che vogliono, quando vogliono e come vogliono. Ma la rivoluzione hanno tentato di farla una volta e non ci sono riuscite. E adesso non la possono fare perché hanno pagato caro la loro sconfitta e hanno negoziato delle terribili condizioni di pace. Una pace persino peggiore della guerra, sotto molti aspetti. Le spugne la rivoluzione non l'hanno mai fatta e non la faranno mai tantomeno ora che sono in gran numero. Loro odiano tutte le rivoluzioni, anche quella che, a suo tempo, fecero i parassiti contro i parassiti dei parassiti. Perché odiano le farfalle, perché odiano la libertà.
Ragazza in coma etilico, tu sei una spugna. Se una spugna muore non è una gran perdita, perciò non lo sarebbe se tu morissi. È cinico? È crudele? Non è colpa mia, prenditela col tuo sistema che ti ha reso spugna e che tu difendi con tutte le tue forze. Prenditela coi parassiti. Ma tu non puoi farlo. Perché una spugna non può andare contro la sua natura di spugna. Ci vorrebbe una mutazione genetica.
Ma quando a morire è un'ape operaia, quella è una perdita gravissima. Perché per ogni ape operaia che muore o che smette di lottare o che vuole diventare spugna, c'è un sogno che muore. Il sogno di un mondo dove le api operaie decidono cosa fare. Un mondo di sole api operaie, senza parassiti né spugne. Senza nemmeno l'ape regina, che nei fatti ormai non conta più niente. O magari, addirittura, il sogno di un mondo di farfalle, che possano la mattina impollinare un fiore, il pomeriggio succhiare il nettare, la sera allevare un bruco, dopo pranzo svolazzare, quando e come vogliono, senza diventare né impollinatrici, né succhiatrici, né allevatrici, né svolazzatrici.

7 commenti:

  1. A me la storia della INSSE é quella che mi ha colpito di più. proprio ieri sea ho visto un film "Signrinaeffe" che parlava del licenziamento nel 1980 di 24.000 dipendenti FIAT e delle lotte tentate dagli operai per fermare quei licenziamenti. Sembra che nulla sia cambiato anzi forse sì ma in peggio.

    Ps: mi sono permesso di linkarti sperando di non aver fatto cosa a te sgradita.

    Ciao!
    Daniele

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  2. Peccato che molti giovani che dovrebbero essere in prima linea per cercare di costruire un futuro decente si riducano in quel modo...senza ideali!
    Per fortuna non tutti sono così.
    Tanta gente ormai individua il nemico alla base della piramide e non alla cima! Vuol dire farsi male.
    Ci vuole davvero una rivoluzione culturale!

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  3. ...e intanto la polizia va a pestare chi ha voglia di lavorare.
    In questi anni i governi di destra e sinistra hanno fatto di tutto per favorire gli imprenditori, lavoro flessibile, licenziamenti facili, sgravi fiscali ecc...risultato? Questi imprenditori hanno delocalizzato lostesso! L'ingordigia di andarsene all'estero a sfruttare operai con paghe ancora più da fame!

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  4. Tristi storie quelle che citi, tristi perchè dimostrano come la politica sia marcia ed inconcludente e come le nuove leve o meglio, una buona parte di esse, a tutto siano interessate fuorchè al loro futuro. E questa mancanza di visione della vita al di là del proprio naso è la cosa più mi avvilisce...

    p.s. mi sono permesso di linkarti anch'io come Daniele ;-)

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  5. La lotta alla Innse è una delle tante piccole grandi lotte del lavoro in Italia. Ma oggi quella della Innse è una lotta simbolo. Se si vince lì, si potrà sperare in un autunno molto caldo.

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  6. condivido ciò che hai detto
    storia triste ma interessante

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