mercoledì 26 agosto 2009

Sulla sessualità

Premetto che faccio riferimento ai seguenti articoli:

Ho letto il dibattito su comedonchisciotte e, mi dispiace dirlo, ma sono leggermente disgustato. Ne emerge il più bieco e il più cinico "materialismo" (nel senso peggiore del termine, essendo io un materialista convinto sul piano filosofico e politico) una volgarità e una "bestialità" degne del tempo che stiamo vivendo. L'articolo di Paolo Barnard trovo sia un concentrato di pregiudizi, luoghi comuni, "machismo" camuffato della peggior specie. Prima di tutto "andare a puttane" la trovo una cosa degradante per lo stesso uomo che vi partecipa e non solo per la donna che lo subisce. E poi, sia detto per inciso, finiamola di chiamare "puttane" le prostitute. Sarebbe come chiamare "masochisti" i braccianti che lavorano da schiavi nelle campagne. La prostituta fa quel lavoro per la sola ragione che ne ha bisogno per vivere, non perché "le piace". Le puttane sono altre e sono donne che fanno sesso per puro piacere fisico, estromettendo del tutto l'affettività dal rapporto sessuale. Le puttane, come i "puttani" (il linguaggio maschilista non contempla declinazione di genere) sono degli anaffettivi, delle persone che vivono la sessualità in maniera alienante. Il "sesso veloce" secondo l'espressione usata da Paolo Barnard (erroneamente assimilato al momento ludico della sessualità), è una forma di alienazione tipica della società capitalistica avanzata che negli ultimi anni ha raggiunto picchi mai realizzati. Come nel lavoro, nella religione, nella politica, anche nella sessualità l'essere umano dell'era capitalistica sperimenta un'alienazione in cui diventa oggetto, così come il lavoratore diventa merce. Come il lavoratore è espropriato del prodotto del proprio lavoro, così nel sesso uomini e donne sono espropriati della loro affettività e individualità e sono costretti a "vendere" (non per forza per denaro ma anche in cambio del solo piacere fisico) il loro corpo. Il "sesso veloce", non è una condizione di libertà, la puttana, o il suo omologo maschile, non sono liberi, perché operano una "scelta" imposta da questa società consumistica che mercifica il corpo ed elide i sentimenti, l'affettività.
Questa scissione provoca, da un lato, un moralismo bigotto da parte di chi si rinchiude nel mito del “rapporto matrimoniale” e della sessualità finalizzata alla procreazione che esclude qualsiasi piacere; dall'altro la mercificazione del corpo e del rapporto ridotto a semplice scambio, alienando così la dimensione affettiva. Come diceva Marcuse, si fa sesso come si prova un'auto da corsa.
Nell'un caso, quindi, il corpo viene privato del piacere fisico, nell'altro dell'affetto, in entrambi i casi esso subisce lo stesso destino, cioè viene mutilato.

Neanche l'articolo di Nicoletta Forcheri ho potuto condividere, che non è nient'altro che la riproposizione speculare del primo, solo che in questo caso anziché vittimizzare il maschio si vittimizza la femmina (e parlo a ragion veduta di maschio e di femmina anziché di uomo e di donna). In entrambi è riscontrabile una gara tra generi a chi è più “facile”, ovvero chi si fa meno domande sulla personalità del proprio partner prima di farci sesso.
Anche in questo caso manca qualsiasi significativo e non marginale riferimento alla sfera affettiva riducendo il sesso a una mera questione biologica, “scambio di umori e di liquidi” come si è espressa l'autrice mentre stigmatizzava il preservativo, assieme ai suoi avversari reazionari. La differenza è solo che in questo caso la prospettiva è rovesciata: anziché su Eva, la colpa pesa su Adamo, ma la forma mentis rimane immutata.
La falsa coscienza borghese induce a scaricare la responsabilità della frustrazione sessuale sul genere opposto, mascherando così quelli che sono la vera causa del male, ovvero i rapporti sociali. Non è un problema psicologico, né tantomeno biologico, perché affonda le radici nella struttura stessa della società, nei rapporti di produzione.

La società capitalistica, man mano che si evolve, tende a ridurre tutto a merce, a oggetto di scambio, anche le persone e i rapporti umani e la sessualità non fa eccezione.
Così si cerca “sesso veloce”, perché lo scambio è veloce, un “do ut des” senza riflessione. Lo scambio è privo della sfera affettiva. Ciò che è scambiato non può avere una valore affettivo, altrimenti non sarebbe inserito nel circuito di acquisto-vendita della società di mercato. La merce è in un certo senso un prodotto della creatività umana ma “disumanizzato”, alienato da qualsiasi valore che non sia quello di scambio. Ogni merce si equivale. Una certa quantità di una merce equivale a un'altra quantità di un'altra merce. La quantificazione è propria di un oggetto spersonalizzato, sottratto alla creatività e alla emozionalità umana. La merce non conosce altra legge che quella della ragion calcolante.
Riducendo perciò il sesso a uno scambio di organi sessuali, o di liquidi, se ne elide la dimensione affettiva, che non può essere quantificata, misurata, comparata. La sessualità realizzata, non alienante, liberata, non può essere né “veloce” né “lenta”, perché non è misurabile.
Per gli individui anaffettivi, le donne o gli uomini facili, i partner sono interscambiabili, perché ogni scambio è un momento a se, che non coinvolge la sfera affettiva. Ci si trova di fronte a degli agenti di commercio che pubblicizzano la loro merce e cercano di renderla attraente. Un'aspirapolvere che riscuote poco successo presso la clientela lo si modifica. Così gli agenti del sesso modificano chirurgicamente il loro corpo, per renderlo più appetibile agli “acquirenti”. Ma una volta ridotto a mero scambio di merci il sesso aliena la propria funzione essenziale, che non è né il piacere fisico fine a se stesso, né la procreazione e la famiglia, ma l'armonia sociale. Naturalmente in una società conflittuale e alienante anche il sesso viene vissuto in maniera conflittuale e alienante.
È in voga una concezione di cui ci si deve sbarazzare. E cioè che il sesso deve essere ricondotto alle sue categorie elementari biologiche, deve essere, insomma, lo stesso degli animali, per essere soddisfacente. Questa è una visione astratta perché nella sessualità umana non può essere scisso l'elemento biologico da quello culturale. Anche il piacere meramente fisico, l'orgasmo fine a se stesso è debitore alla cultura. L'immagine del corpo, essenziale nella sessualità, non può prescindere dall'elaborazione culturale. Non può farlo nemmeno l'orgasmo. Analogamente, anche il rapporto più sublimato non può fare a meno di una base fisiologica. Il sesso meramente biologico, quello del bonobo che si accoppia continuamente, per far riferimento a un'immagine utilizzata, è un'illusione, perché la sessualità non è un fattore immutabile, ma un fenomeno storico, soggetto a mutamenti.
Ci si è illusi, e questo dibattito mi fa concludere che ci si continua a illudere, che l'elisione netta del retaggio culturale possa portare a una liberazione sessuale dell'uomo o della donna o di entrambi. Basta che la donna si liberi dell'etichetta di “puttana” quando le va di fare sesso e che l'uomo faccia a meno di sentirsi il “cacciatore” che deve catturare una preda. Una concezione meramente negativa, quindi, che si limita a negare il passato, finendo poi però, involontariamente, per riproporlo sotto altre vesti.
In realtà ciò non basta. E la cosiddetta “rivoluzione sessuale” doveva avercelo dimostrato ampiamente. Il venir meno delle inibizioni non è sufficiente di per sé a consentire una realizzazione piena del desiderio dei due sessi. È quello che aveva cercato, inascoltato dopotutto, di dirci Marcuse parlandoci di “desublimazione repressiva”. L'idea ingenua che il mondo possa essere meno conflittuale una volta abbattute le inibizioni circa il sesso e quindi che l'armonia dei rapporti sociali sia direttamente proporzionale alla facilità delle relazioni sessuali e alla mancanza di divieti non corrisponde necessariamente al vero. Questo perché si è avuta una “deerotizzazione” dell'ambiente in seguito alla desublimazione che ha permesso di integrare il sesso nella sfera pubblica. Ma è una soddisfazione locale, che non abolisce, ma anzi esalta, la frustrazione globale, pur dando all'individuo l'impressione di appagamento. “Il sesso è integrato nelle relazioni di lavoro così come nelle relazioni pubbliche, e per tal via gli si permette di trovare più facilmente soddisfazione (controllata). Il progresso tecnico ed una vita più confortevole permettono di includere sistematicamente certe componenti libidiche nel regno della produzione e dello scambio di merci. Ma per quanto possa essere controllata la mobilitazione dell'energia istintuale (in certi casi si tratta di “organizzazione scientifica del lavoro” applicata alla libido) per quanto possa servire a sostenere lo status quo, essa rappresenta pur sempre una gratificazione per gli individui amministrati, così come li diverte far scattare il fuoribordo, spingere sull'aiuola la falciatrice a motore e guidare l'auto ad alta velocità” (da L'uomo a una dimensione).

9 commenti:

  1. Non potrò essere breve. D'accordo con te sul giudizio assolutamente negativo sul post di Paolo Bernard: un testo inutile di una persona che mostra la sua omologazione alla cultura dominante. Semmai, è sorprendente che esso abbia suscitato tanti interventi.
    Il punto di dissenso fondamentale tra noi riguarda piuttosto il giudizio sull'intervento di Nicoletta Forcheri, che certo dimostra di avere le idee un po' confuse. La prima parte è effettivamente deludente e in qualche modo, come tu dici, simmetricamente sbagliata rispetto a quello che Bernard aveva scritto.
    nel seguito però, la Forcheri fa delle affermazioni assolutamente condivisibili, quando fa un richiamo alle differenze di genere, appunto biologiche.
    Questo è un discorso che travalica l'aspetto sessuale: c'è questa tendenza a dire che, poichè si vive in una cultura, non ha senso richiam are la biologia. Per me, è un ragionamento assolutamente illogico, la cultura non ci permetterà di volare senza ausili tecnologici, visto che la nostra biologia ci ha fatto inadatti al volo. Non dobbiamo insomma confondere il fatto di non dover necessariamente subire la nostra biologia col fatto invece di ignorarla, questo sì sarebbe davvero stupido. Anzi, qualunque superamento della biologia può avvenire soltanto a partire dal considerarla con la massima attenzione.
    Per il resto, è inevitabile he la cultura influenzi anche i nostri comportamenti sessuali, e che non possa esistere una liberazione che sia solo sessuale. Così, io non mi scandalizzo dell'esistenza della prostituzione, come non mi scandalizzo del matrimonio che costituisce un contratto di tipo economico in cui ovviamente sono coinvolti anche gli aspetti sessuali.
    Quello che trovo sorprendente è la mancanza nel tuo post ed in altri che ho visto tra quelli che citavi della parola "passione", che invece è la parola chiave per indicare l'alternativa, il punto di riferimento rispetto ai comportamenti sessuali che definirei "modesti", piuttosto che qualificarli secondo criteri moralistici. Il sesso davvero soddisfacente è quello che ci dovrebbe dominare, una forza che ci travalica e travalichi anche i nostri criteri etico-culturali. Un sesso consumato entro canoni accettati dalla comunità in cui viviamo è appunto una soddisfazione modestae alla fine frustrante.
    Rispetto a ciò, il tuo richiamo a una sfera affettiva, a un'armonia sociale, mi appare un approccio, perdonami, un po' sessuofobico: anche tu, inconsapevolemnte, finisci col concepire il sesso solo all'interno di un ordine sociale che tu consideri soddisfacente. La domanda è: in cosa ciò è differente dal sesso per procreazione o al sesso per consumo che tu tanto disprezzi? Tu pensi a una società differente, ma, per il resto, il sesso deve trovare in questa società un ruolo in qyualche misura ancora subordinato.

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  2. Vincenzo, francamente non capisco perché l'affettività sessuale dovrebbe essere sessuofobica. Questo dimostra l'alterazione della coscienza che abbiamo e stiamo subendo, l'affettività viene considerata indipendente dal sesso, invece di essere concepita come sua parte essenziale e ineludibile. Naturalmente io non escludo che al sesso appartenga anche una dimensione biologica che è anch'essa ineludibile, lungi da me fantasticare su un qualche "amore platonico".
    finisci col concepire il sesso solo all'interno di un ordine sociale che tu consideri soddisfacente
    Be' il sesso come tutte le attività umane non può non avvenire all'interno di una cornice sociale, in quanto è un comportamento sociale determinato dalla società. Questa è la ragione per cui in una società alienante come la nostra anche il sesso finirà per risentirne.

    La differenza è che oggi nei rapporti sessuali le persone sono reificate, ridotte a oggetti di scambio, io vendo me stesso per avere in cambio qualcos'altro (piacere, denaro, figli, sicurezza familiare ecc.). Anche nella sessualità tradizionale finalizzata alla procreazione le persone sono deindividualizzate, diventano delle mere macchine riproduttive. In entrambi i casi si assiste a una alienazione della personalità individuale e a una mercificazione del proprio corpo.
    Nella sessualità liberata, invece, io dono me stesso. Non per avere qualcosa in cambio, o per rispetto nei confronti di una qualche morale, ma per un legame che mi unisce al partner, che non è di natura economica, mercantile o contrattuale, ma affettivo e dunque dono me stesso per far felice l'altra persona e lei farà altrettanto con me, ma non per "ricambiare", semplicemente perché prova affetto nei miei confronti. In ciò non c'è alcun dualismo tra il ruolo sociale del sesso e il suo valore per l'individuo, perché le due sfere coincidono perfettamente, l'armonia sociale vuol dire l'armonia di rapporti individuali e viceversa.

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  3. Scusami la volgarità, ma anche defecare avviene in una cornice sociale. Il punto non è dove ciò avvenga, ma se il desiderio sessuale abbia o no una sua autonomia, e se questo debba o no essere riconosciuto. Tu, nel momento in cui imponi un modello di comportamento sessuale, il donarsi all'interno di un rapporto affettivo esistente, lo hai già ucciso, ne hai depotenziato il significato vitale. In fondo, inconsapevolmente, fai ciò che sempre si è fatto, trovare al sesso un suo posticino all'interno dell'ordine costituito, in modo da farne un suo ulteriore collante. Alla fine, sarà anche inevitabile una regolamentazione dei comportamenti sessuali, ma tu lo affermi con la stessa perentorietà con cui la Chiesa permette solo i rapporti coniugali finalizzati alla procreazione.
    Per essere ancora più espliciti: in nome di cosa tu ti senti di escludere che due persone appena conosciutesi possano avere dei rapporti sessuali leciti e soddisfacenti? Notavo appunto l'assenza del termine passione in tutti questi interventi, e vedo che continua a latitare: questo è ciò che io chiamo sessuofobia, la negazione in nome di qualsiasi principio, fosse anche il più nobile, del desiderio sessuale in quanto tale.

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  4. Ma no, non sono mica così drastico. Se due persone decidono di fare sesso appena si incontrano fatti loro, non penso mica di proibirlo per decreto, semplicemente lo trovo molto squallido. Non escludo nemmeno che rapporti di questo genere possano essere soddisfacenti e ti ho citato appositamente Marcuse. Dicevo invece che sono alienanti che è cosa ben diversa e che non esclude una forma di piacere. La nostra società è piena di esempi del genere. L'alienazione non esclude una qualche forma di godimento altrimenti la società non riuscirebbe a instillare certi modelli di comportamento. Ma è un godimento che elide una parte fondamentale della nostra individualità, che ci rende oggetti anziché persone.
    Non ho mai negato poi il desidero sessuale. Ma anche qui dobbiamo precisare. Non è che qualsiasi desiderio per il fatto di esistere vada accettato acriticamente. Esistono persone che desiderano essere pestate e umiliate, ma non è una forma accettabile di desiderio, almeno per quanto mi riguarda, perché è un'abiezione per l'individuo. E non è un giudizio morale ma sociale e politico, l'individuo viene sul serio privato di se stesso, spersonalizzato per recepire forme di comportamento socialmente imposte.
    A negare il desiderio sessuale "in quanto tale" non sono io, ma la società nella quale viviamo e chi ne accetta il modello; una sessualità che prescinde dalla dimensione affettiva, che elide l'individualità delle persone e mercifica i corpi io la trovo una sessualità alienata e mi stupisco che tu possa pesare il contrario, segno che evidentemente la hai introiettata anche tu.

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  5. @Matteo
    Ma no, non è che se non mi trovo d'accordo con te, mi trovi invece d'accordo con la sessualità nella nostra società, questa equazione è fasulla. Dicevo semmai piuttosto proprio il contrario, che finisci, a mio parere, anche tu per "censurare" l'aspetto eversivo del sesso. Non è che io mi faccia tante illusioni sul fatto che tanti possano trovare questo piacere anche nella società più libera che tu ed io potremmo immaginare, ma mi sembra eccessivo addirittura giudicare squallido un rapporto basato su un desiderio così intenso da dominarti e che inevitabilmente confligge con l'ordine costituito. Per me, al contrario, è l'unica forma di sesso che davvero mi interessa.

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  6. Non va affatto contro l'ordine costituito, anzi, ne è l'espressione più esemplare. Basta vedere i messaggi pubblicitari, incitano tutti al sesso "facile", al sesso privato di affettività; basta vedere la tv commerciale, piena di donnine seminude ammiccanti che promettono piaceri di questo tipo. Basta vedere la produzione cinematografica o certe serie televisive dove i protagonisti dopo un fugace incontro in un pub finiscono subito a letto. E' proprio ciò che il sistema vuole instillare in noi, facendoci credere che invece si tratterebbe di libertà, per questo dicevo che anche tu ne sei contagiato se fai un simile discorso. Non riesco proprio a capire come tu possa vedere in questo un comportamento contro lo status quo quando tutto lo status quo incita ad averlo. Sarebbe davvero paradossale, non trovi?

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  7. L'aspetto eversivo del sesso sta invece nel donare piacere per far felice l'altra persona, non per averne dell'altro indietro, l'aspetto eversivo sta nell'amare il proprio partner che sia qualcosa di più di un compagno o una compagna di letto. Questo genere di rapporto è davvero qualcosa che andrebbe contro l'ordine costituito che invece disumanizza, desentimentalizza le relazioni umane, tutte quante.

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  8. Questo tuo confondere la passione col sesso facile mi lascia sorpreso, è come se tu non solo non l'avessi sperimentata, ma neanche avessi letto romanzi. Gli scrittori amano occuparsi della passione sessuale, la passione per antonomasia, e davvero non capisco come tu possa fare confusione col sesso come si pratica oggi, che è un sesso per noia, per riempitivo, tutto programmato all'interno della vuota vita che questa società ci propone.
    La passione è l'esatto opposto, una cosa estremamente scomoda che sconvolge l'esistenza, che non permette una pacifica convivenza con le attività quotidiane perchè non può tollerare limitazioni.

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  9. Io a dire il vero non ho mai parlato di "passione" in questo post. Sei stato tu a contestarmi una volta che ho criticato il sesso "facile" o "veloce". Se per passione intendi quel desiderio travolgente che non è meramente fisico ma che coinvolge anche la sfera affettiva, allora sono pienamente d'accordo con te. Ma l'uso del termine si presta a equivoci. Molti con "passione" intendono lussuria, qualcosa del tipo "m'attizza troppo quella lì". Ma, ripeto, se lo intendi come ho spiegato, allora siamo d'accordo.

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