lunedì 8 marzo 2010

Che fine ha fatto la sinistra?

Tutti sono impegnati in questi giorni a occuparsi delle elezioni regionali, dopo aver parlato delle escort di Berlusconi e dei massaggi erotici di Bertolaso.
In piena crisi economica (mentono quelli che dicono che è finita), una crisi che ha spazzato via come un ciclone tutti i dogmi del liberismo – che negli anni Ottanta e Novanta avrebbe dovuto inaugurare la via di un radioso avvenire – ci si aspetterebbe che coloro che per tutti questi anni hanno proposto queste ricette fallimentari dovessero essere scaraventati via dal piedistallo su cui li aveva posti il vento mutevole (e spesso beffardo) della storia. E invece li ritroviamo ancora in sella a riproporre le stesse ricette di sempre come una litania, magari infarcendole di qualche parola “innovativa” che li faccia sembrare abbastanza “obamiani” per riciclarsi.
Di fronte al catastrofico fallimento delle teorie e delle pratiche politiche della destra (quella destra che dopo la caduta del Muro di Berlino già cantava vittoria e arrivava persino a teorizzare una utopistica “fine della storia”) ci si aspetterebbe una sinistra in ascesa straordinaria, o quantomeno in ripresa, capace di sfruttare quelle “dure repliche della storia”, quelle che qualche anno prima dovevano costringerla alla capitolazione, questa volta, contro i propri avversari.
E invece la ritroviamo in stato comatoso, in una condizione molto peggiore che durante l'epoca thatcheriana.
Il problema, per meglio dire, non è che la sinistra non sia abbastanza efficace nel proporre le proprie idee, o che non riesca a comunicarle, ma che semplicemente ha smesso di proporle e di comunicarle, decretando frettolosamente la propria sconfitta, che sarebbe stata rappresentata simbolicamente dalla caduta del Muro di Berlino, la quale avrebbe dovuto dimostrare ciò che in realtà non dimostrava.
Così, arresisi ad una falsa evidenza, quei dirigenti che un tempo parlavano di lotta di classe e di socialismo, si sono consegnati alla destra, e così facendo a coloro che ne muovono i fili, industriali, banchieri e speculatori.
Illusi da questa propaganda del “nemico alla propria testa” come diceva una vecchia canzone, come dei giornali e delle televisioni dei vecchi avversari (i quali erano quasi increduli di poter finalmente manifestare apertamente e senza infingimenti le loro intenzioni) anche il popolo, i lavoratori, la “base”, l'ossatura di tante lotte e di tante ribellioni, hanno finito per dimenticare le aspirazioni di giustizia ed uguaglianza ed abbandonarsi al sogno del successo individuale e della scalata sociale, sogno che poco più tardi avrebbe dovuto infrangersi contro gli scogli della dura realtà e della storia.
La sinistra, così, ha smesso di essere sinistra, conservandone, nel migliore dei casi, solo il nome (e ormai si tenta di eliminare anche quello, ultimo testimone di un passato scomodo).
Chi avrebbe mai pensato, che i rivoluzionari di un tempo, che issavano la bandiera rossa nelle piazze e cantavano l'internazionale, si sarebbero ritrovati, qualche decennio più tardi, con la tessere di un partito che annovera tra le sue file imprenditori, cattolici fondamentalisti e teorici del lavoro di ispirazione neoliberale?
Chi avrebbe potuto immaginare che coloro che per protestare erano disposti anche ad affrontare i manganelli della polizia, sarebbero stati attirati dal richiamo, un giorno, di “ordine”, “legalità” e “sicurezza” inseguendo un ex magistrato ed ex poliziotto?
Bisogna ammetterlo, la destra e i teorici conservatori sono stati molto abili. Perché hanno saputo trasformare una potenziale sconfitta, in una vittoria. Non hanno avuto ragione, le loro ideologie si sono rivelate nient'altro che delle coperture abbastanza raffazzonate dei loro veri interessi. Ma hanno saputo trasmettere quelle idee al campo avversario, hanno saputo illudere milioni di persone e di ex rivoluzionari.
Guardiamo in faccia la realtà. Tutto quello che ci rimane è un questurino e un comico che si affannano a sputar sentenze contro un unico bersaglio, come se la causa di tutti i mali risiedesse in un unica persona, fosse anche il capo del governo.
Poiché la sedicente sinistra di oggi non ha molti argomenti per distinguersi dai loro pseudo-avversari, l'unica possibilità che ha per tentare di salvare le apparenze è quella di metterla sul piano personale. L'unico torto della destra, per questi signori, non sono le politiche di destra, ma il fatto di essere corrotta. Il problema, non sono quindi le idee e le pratiche, ma gli uomini.
E allora si può anche accogliere a braccia aperte chi resta sempre di destra, ma mantiene intatta una certa reputazione. Si può anche costituire il “fronte degli onesti” e andare all'assalto della fortezza del male, senza preoccuparsi di programmi, ideologie, teorie e prassi.
Presunte differenze ideologiche non bastano a tenere gli uomini divisi se a unirli sono dei comuni interessi.
Ma non sta bene dirlo in giro. Non sta bene dire che i candidati alle elezioni nella regione Lazio vogliono in fondo la stessa cosa, anche se lo dicono in modo diverso.
E allora non è sembrato vero a certi “progressisti” potersi appigliare ai processi per fare persino la parte dei “duri e puri” e degli “intransigenti”.
I temi più importanti sono stati accantonati, perché avrebbero mostrato l'identità delle proposte dei due schieramenti. Vediamo quali contorsioni hanno fatto costoro per ritrovarsi nel letto dei loro avversari.
Economia. La destra vuole limitare l'intervento dello stato e favorire l'iniziativa privata, la sinistra invece vuole espanderlo per tutelare i diritti dei lavoratori e dei più poveri. La destra tende a privatizzare, la sinistra a nazionalizzare. Da che mondo e mondo questa è sempre stata la differenza tra destra e sinistra. Anche il più ignorante la conosceva. Finché sono arrivati i messaggeri dell'Olimpo a dire che ci eravamo sbagliati e che il mercato non è da rifiutare, perché rifiutarlo sarebbe un pregiudizio “ideologico” (ma accettarlo invece no, chissà perché).
Le nazionalizzazioni e il ruolo dello stato sono ciò che prima distinguevano la sinistra dalla destra in campo economico. Governo Prodi, primo e secondo, governo D'Alema. Adesso, dopo la “conversione” è il “centrosinistra” a privatizzare la maggior parte del patrimonio dello stato, tanto per dimostrare alle lobby di essere all'altezza del compito che gli è stato affidato. Si è partiti dalle autostrade e si è arrivati all'acqua.
Lavoro. La sinistra sta con i lavoratori, la destra con i padroni. La sinistra vuole aumentare le tutele sociali, la destra vuole abolirle o ridimensionarle. Semplice, elementare. Questa fino ad alcuni anni fa era la realtà politica. Poi sono arrivati i guru del marcato a sdoganare la “flessibilità” e la difesa degli interessi padronali anche per la (ex) sinistra. Sono arrivati i Biagi (che il fatto di essere stato assassinato non lo rende un martire) e gli Ichino a spiegarci che così non poteva andare e che i lavoratori erano “troppo protetti”, che le aziende dovevano essere libere di licenziare come e quando loro pare. Legge Treu, aggressione allo Statuto dei lavoratori (quello che la sinistra un tempo aveva conquistato) e al divieto di licenziamento senza giusta causa, liberalizzazione totale del marcato del lavoro. Questa gente non si è mai premunita di spiegarci perché un elettore di sinistra avrebbe dovuto votare un professore che, dalla sua cattedra, proponeva politiche di destra da sperimentare sulla pelle dei lavoratori.
Esteri e difesa. La sinistra è contro il militarismo e la guerra, la destra è a favore della guerra. Fu sempre la sinistra a mobilitarsi contro le guerre e i massacri delle potenze imperialiste. La sinistra sostiene da tempo un teoria la cui veridicità è stata ampiamente provata dai fatti: le vere ragioni della guerra non sono “gli interessi nazionali” ma gli interessi capitalistici delle multinazionali. Lo capirebbe anche un bambino.
Serbia, Afghanistan, interventi militari ordinati dal governo D'Alema in piena sintonia con la destra e con quelli che una volta contestavano in piazza ai tempi del Vietnam.
La questione palestinese. La sinistra è sempre stata un alleato fedele dei palestinesi e ha sostenuto la causa di un popolo sotto occupazione, massacrato, torturato e cacciato dalla propria terra e dalla proprie case (sarà pubblicato prossimamente un post su Eresia rossa a riguardo). Poi il revisionismo che tutti sappiamo e si è finito per accettare le menzogne di Israele.
Cultura. La sinistra era dalla parte degli oppressi, siano essi operai, disoccupati, barboni, piccoli delinquenti, zingari, prostitute, immigrati. Questo sembrava un dato di fatto acquisito dalla coscienza collettiva. Per la sinistra l'infrazione non è il risultato di una qualche devianza, ma un fattore sociale, determinato dalla società. Il crimine che viene punito è solo quello delle classi subalterne al contrario dei “crimini dei colletti bianchi”. Il ladro è una vittima anche lui della società che lo ha emarginato e lo ha ghettizzato. Gli immigrati oggetto di razzismo godevano della nostra solidarietà internazionalista. “Gli operai non hanno patria” era il vecchio motto. Poi ci vengono a raccontare che ci eravamo sbagliati, che Marx si era sbagliato e avevano ragione i nostri avversari. E allora i sindaci “di sinistra” cominciano a riempirsi la bocca con le parole “sicurezza”, “tolleranza zero”, come gli sceriffi texani e mettono al bando zingari e immigrati, sgomberano i campi nomadi (dopo aver abbondantemente permesso le ville abusive) e diviene persino lecito per un imprenditore sparare al ladro che gli entra in casa per difendere la proprietà, difeso a spada tratta da codesti sindaci e politici. Nessuno di simili “progressisti” odierni si alzerebbe a dire che una vita umana, fosse anche quella di un ladro, vale più della proprietà e che l'omicidio è in ogni caso un crimine assai peggiore del furto.
La sinistra è contro la repressione, contro l'autorità, contro l'ordine borghese. Adesso Di Pietro è nelle nostre piazze a chiedere “law and order”, come dicono in America, a chiedere l'apertura di nuove carceri, ad opporsi a ogni indulto o amnistia e a santificare i prefetti e i procuratori che autorizzano il pestaggio degli studenti e dei manifestanti causandone spesso la morte.
La sinistra fu protagonista del Sessantotto, degli infuocati anni Settanta e delle lotte che li attraversarono. I “radical chic” di oggi scrivono dalle pagine di Repubblica ripudiando quegli anni, unendosi al coro dei conservatori che fanno di tutto per screditarne la storia e il tentativo di cambiare il mondo, si salvano forse solo i Beatles.
La sinistra vuole l'uguaglianza, vuole che tutti possano soddisfare i propri bisogni biologici e sociali, senza distinzioni di classe.
Oggi fanno i comizi con in bocca sempre la stessa parola: “meritocrazia” dimenticando quanto somigli a un'altra parola, “aristocrazia” (che significa “governo dei migliori”) dimenticando che è un concetto di destra, perché chi è “meritevole” in genere è chi ha i mezzi per potersi creare una istruzione adeguata e chi non lo è, invece, è chi quei mezzi non li ha avuti.
La sinistra sosteneva la causa femminista, difendeva i diritti delle donne, combatteva il maschilismo. Adesso nessuno più si ribella all'immagine della donna che ci viene fornita dalla televisione. L'Unità, quello che era stato il giornale di Gramsci, uno dei padri della sinistra italiana e il suo massimo teorico, mette in prima pagina un paio di chiappe, adeguandosi all'andazzo dei giornaletti che adottano questi mezzucci per vendere più copie (e seguendo quindi, per giunta, la mera logica del profitto).
Persino Rifondazione Comunista, un partito che si vantava di essere rimasto fedele alle proprie idee e alla propria storia senza fare abiure, pochi giorni fa ha diffuso un manifesto con un tacco a spillo in primo piano con l'immagine della falce e martello e sotto la didascalia “le nostre sono donne di classe”.
Bisogna essere “moderni”, “di tendenza” e dobbiamo adeguarci alla moda del momento.

In sostanza la sinistra ha finito per portare avanti le idee della destra, al servizio di quegli stessi interessi che un tempo denunciava. Non c'è da stupirsi quindi che sia sparita. Chi fa il gioco dell'avversario alla fine perde, questa è una regola elementare. Ebbene la sinistra ha fatto proprio questo negli ultimi anni e non ha fatto che perdere finendo alla fine per scomparire definitivamente non dal parlamento, che non sarebbe ancora niente, ma, molto più tragicamente, dalla coscienza delle persone che erano dalla sua parte, che non sanno più cos'è la sinistra e che fanno discorsi di destra.
Un vero peccato se si considera che questa poteva essere una occasione favorevolissima per dimostrare che avevamo ragione, quando mettevamo in guardia dalla sbornia reaganiana, e per rilanciare i nostri programmi. Ma la sinistra è stata uccisa dai suoi stessi figli, quindi non c'era più nulla, ormai, da rilanciare.
Non è una questione di poco conto. Ciò significa che perderemo, come stiamo perdendo, tutti quei diritti, quelle tutele, che gli attivisti, i partiti e le organizzazioni di sinistra erano riuscita ad ottenere. Questo significa che la nostra vita peggiorerà, come sta peggiorando, che pagheremo sulla nostra pelle questa scelta sciagurata e miope.


E allora vi lascio alle note dei Modena City Ramblers, chissà che non sia di buon auspicio.

9 commenti:

  1. magari! ci vorrebbe un bel reset;
    non può essere stata solo ingenuità, da parte della sinistra, scendere sempre a patti... il nostro sistema governativo ha ormai in sé la corruzione, anche ideologica.
    (secondo me si metterebbe molto male, se Napolitano fosse costretto a lascare: sembra l'ennesima provocazione!)

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  2. "lascare" è lasciare... 'notte!

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  3. Ciao Matteo la sinistra deve riappropiarsi dei suoi veri simboli, evitare scissioni inutili, resettare e ridiventare sinistra vera che si oppone concretamente dando una vera alternativa alla fine della democrazia!
    un saluto

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  4. bell'intervento, di cui come al solito condivido molto ma non tutto, purtroppo ovviamente condivido il pessimismo e il giudizio tagliente sulle compromissioni della sinistra

    d'altra parte le regole per l'apertura dei liberi mercati ovunque sono state scritte anche dai socialisti francesi e tedeschi, che non a caso sono in crisi marcia in casa...

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  5. La sinistra è già estinta... come i dinosauri!
    Siamo ancora nostalgici di un passato sepolto per sempre?
    :-)

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  6. la Volpe, infatti sono stati proprio loro i primi a sdoganare le idee della destra, anche se adesso sembrano accorgersi dell'errore (vedi gli ultimi risultati della Linke tedesca in grande ripresa).

    luciano61, forse in Italia, ma in molti altri paesi la sinistra è più che viva come ho scritto su e in alcune zone persino al potere (Venezuela, Bolivia, ecc.). Come fai a dire che si tratta di "un passato sepolto per sempre"? cos'hai la palla di cristallo? vedi il futuro? La storia ci ha insegnato fin troppo bene che nessuna vittoria e nessuna sconfitta è definitiva. Quindi non diamo giudizi affrettati sulla base di niente.

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  7. Ottima riflessione. In campagna elettorale pare che l'unico messaggio della sinistra sia: siamo come la destra ma siamo più onesti (che poi nemmeno è vero).
    La morsa repressiva e autoritaria della destra si fa sempre più invadente e la "sinistra" tace. Quindi non c'è da sorprendersi del successo di questurini e comici. Del resto, anche uno che si sente di sinistra di fronte a questo regime si sente più rappresentato da un giornalista destrorso che dal segretario di rifondazione. E questo già dice tutto sullo stato comatoso della sinistra

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  8. L'errore di molti é vedere il PD come Sinistra. Quanto a Rif. Com. si trova in crisi d'identità tra un vecchio comunismo che non é più percorribile ed un nuovo "comunismo" che dovrebbe essre quello spinto al sociale ed alla tutela dei più deboli.

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