mercoledì 2 dicembre 2009

Se una notte d'inferno un rettore...

Mi è sempre riuscito difficile sopportare le prediche di certi personaggi della classe dirigente. Penso a tutti quei grandi imprenditori che si ergono in cattedra per emettere il loro prezioso verdetto di fronte alle telecamere. Si prodigano a sputare analisi e sentenze sui mali della società, senza mai dire che sono loro il vero male, che questa società è fallita soprattutto a causa loro. La responsabilità di questa classe dirigente che ci sta portando alla rovina. Sarebbe ora di parlarne.
Pier Luigi Celli, Rettore dell'università privata Luiss, ha pubblicato su Repubblica una commovente lettera a suo figlio per invitare i giovani ad andarsene dall'Italia. Se questo paese va in malora la colpa è di gente come lui, però egli si preoccupa, poverino, del male che ha contribuito a creare! E allora andate via! fuggite, giovani di talento, abbandonate questo paese alla miseria (umana) di gente come noi, che finora abbiamo pensato solo ai nostri interessi, con la scusa che così facendo si sarebbero miracolosamente risolti gli interessi di tutti.
Allora vi invito a leggere questa lettera ipotetica di risposta del figlio dell'eminente rettore, scritta da Guido Della Germania.

Caro papà,
che raffinato intellettuale sei! Quanto amo il tuo cinismo critico stemperato da un mix di sofisticata volgarità stilistica e lacrimoso paternalismo che sarebbe degno di “Cuore”, se non venisse da te.
Eh sì, perché tu, papà, ora direttore generale della Luiss, sei stato prima membro dei consigli di amministrazione di Lottomatica, Hera SpA e Messaggerie Libri; hai, tra gli altri, ricoperto in passato gli incarichi di direttore Risorse Umane dell’ENI dal 1985 al 1993, sei stato fra i manager partecipi dello start-up di Omnitel e Wind, nonché direttore generale della RAI dal 1998 al 2001, presidente di IPSE2000 dal 2001 al 2002, responsabile della Direzione Corporate Identity della Unicredit dal 2002 al 2005 e direttore Personale e Organizzazione in Enel dal 1996 al 1998.

E dopo tutti questi prestigiosi incarichi sembra proprio che finalmente ti sia accorto di quanti danni avete fatto… e qualcuno ci crede anche, a tale improvvisa illuminazione! Tu te ne lavi le mani con una bella letterina e per prenderci ancora un po’ per i fondelli fai anche l’eroe, di quel genere di eroi che si autoaccusano ma non si tolgono di mezzo…. E dispensano pure saggi consigli! Sei veramente un mito, papà… Da quelli come te bisogna imparare, davvero. Imparare a “fottere”, come dici tu nel tuo libro “Comandare è fottere”. Strano che non ti abbiano insignito dello Strega: non hanno colto l’aspetto al contempo poetico e irriverente dei tuoi scritti.

Molti tuoi coetanei o poco meno ti seguono o fanno finta di seguirti, ripetendo le tue inutili parole. Dev’essere consolante pensare che il mondo sia inesorabilmente e inevitabilmente come tu lo dipingi –salvo generiche ammissioni di fallimento generazionale-, anziché pensare che lo sia esattamente dove quelli come te hanno potuto infilarci le loro mani.
Ma tu pensi davvero che io, come i miei coetanei, abbia bisogno di sentire le tue inezie per sapere come te e quelli come te hanno ridotto il nostro Paese (lo scrivo anch’io Maiuscolo)? Pensi di essere credibile con questi ridicoli piagnistei? Pensi che le tue responsabilità siano così facilmente dissolvibili nel qualunquismo ipocrita tipico di chi attribuisce ad un intero “sistema” ciò che voi avete fatto? Sei patetico.
In che mondo comodo sei vissuto, papà? Quanti incarichi di prestigio hai avuto, papà? Su quante comode poltrone ti sei seduto, papà? A quante cene sei andato? Quante pacche sulle spalle hai dato? E soprattutto, quanti calci nel sedere hai dispensato a quelli cui ora consigli di cercare all’estero la valorizzazione di quei meriti, valorizzazione in Italia “inesistente”? Inesistente perché? A causa di chi?

Tu sei responsabile, papà: pensi che non ce ne siamo accorti? Il problema sono quelli come te nei posti di potere, non i giovani che insistono per vedere un futuro nel loro paese. Sono quelli come te. Non è il “sistema”: sono quelli come te. Quelli come te… Ripetiamolo come un mantra: quelli come te… QUELLI COME TE.
E sai perché? Perché quelli come te hanno avuto tutto: potevano solo distruggere.

Senti un po’, papà, ma tu lo sai cos’è la disoccupazione? Lo sai cos’è il precariato? Lo sai cosa vuol dire chiedere come un mendicante il dovuto dopo aver fatto solo e soltanto il proprio lavoro? Al servizio di quelli come te… Lo sai cosa vuol dire cercare di fare comunque qualcosa qui, senza avere mezzi, in questo paese dal quale tu ci consigli di fuggire? Senza avere nulla, ma proprio nulla? No, papà, tu non lo sai, perché tu non sei tra i costruttori, ma tra i divoratori…
Tu, che ora, a 67 anni, sei direttore generale della Luiss –cioè di un’Università che dovrebbe formare i giovani- e sei stato sempre comodo al calduccio, perché, se sei davvero convinto di aver fallito, come dici, non te ne vai tu, possibilmente sparendo definitivamente, così non dobbiamo neanche pagarti la tua immeritata pensione? Facci questa carità: levati dai piedi.
O in alternativa, meglio ancora, perché non ti metti tu a fare il precario nei CC, se davvero sei “pentito”, invece di arrogarti ancora il diritto di parlare? Perché non vai a fare la fila per ottenere uno stage non retribuito, papà? Perché non lavori a progetto, papà, al misero compenso di quelli sui quali si fondano i tuoi utili? Un po’ di flessibilità, suvvia…

Papà… sei ancora lì, papà? Tanto hai ammesso il fallimento e allora va bene così… perciò, rinnovato moralmente, come dopo aver fatto la Comunione, rimani ancora attaccato alla poltrona. E via, cosa volete di più da un povero vecchio? Che si tolga anche dalle scatole? Lasciate che se la cavi con una bella letterina…
Pensavo fossi già all’estero… Non è che non sai le lingue papà? La vita comoda non aguzza l’ingegno… si sa. Del resto, quali sono le tue competenze-chiave, papy? Fottere… principalmente.

Mi dici di andarmene, papà. Ma cos’è tutto questo paternalismo buonista? E io che speravo, più pragmaticamente che, essendo tuo figlio, almeno a me un posticino al caldo lo trovassi… Se vado all’estero mi tocca pure lavorare… io invece volevo fare come te: niente.
E invece … com’è? Con tutti quelli che hai fottuto, adesso che fai, fotti anche me? Oh papà…
Dai, lo so, papà, stai scherzando. È che “Repubblica” ti ha chiesto di scrivere un articolo un po’ provocatorio, che scuota le coscienze assopite dell’italiano medio e delle casalinghe. Suvvia… .
Però sai, leggendo il tuo libro, papà, come mi hai consigliato, sto imparando anch’io a “fottere”… Ma c’è un problema! Forse te ne sei accorto persino tu … C’è qualcuno, lì fuori, che non è tuo figlio, con il coltello tra i denti (come si diceva una volta): sono quelli che devono pagarsi la bolletta a fine mese, il mutuo, e che fanno ogni giorno fatica, ma fatica vera. Alcuni sono anche bravi: molto più bravi di te, e anche di me, che ho dietro te. Sono quelli (numerosi) che tu e quelli come te avete fottuto papà.
E che te l’hanno giurata. L’hanno giurata anche a me… che sono tuo figlio. Pensa… Cominciano ad essere tanti, eh, papà? Troppi… Che ne dici, mi conviene scappare? Vieni con me? Ah, già, tu stai per andare in pensione: a te che te ne frega, papà… .

Però consigli ai giovani di fuggire, così si levano dalle scatole. Non si sa mai: potrebbero “disturbare” il vostro, il tuo potere fondato sull’immobilismo. E voi siete stanchi… Ma così stanchi…. Però vi piace davvero tanto il potere. Non potete proprio farne a meno.

Papà, scusa la curiosità, ma … non ti sei mai sentito un po’ uno stronzo? Sia detto con rispetto. Domando… La prossima volta, quando scrivi una letterina, abbi il coraggio di una provocazione in più. Incipit: “Sono uno stronzo”. Tanto il termine è stato sdoganato: si addice anche a un rettore di un’Università.

Ciao papà. Fottiti, come diresti tu.

Il tuo figliolo.

Da Agorà di Cloro

Personalmente credo, ma può darsi che mi sbagli, che il figlio dell'eminente rettore non se ne andrà mai dall'Italia almeno non senza ritornare. Perché in Italia c'è sempre papà che pensa a tutto, anche al suo futuro. Che sa bene come valorizzare le qualità di suo figlio, quali canali contattare perché questi si trovi più che bene a casa sua!


P.S. Dopo aver chiesto scusa ai familiari di Italo Calvino vi chiedo una cosa: guardate questo incredibile annuncio pubblicitario.

6 commenti:

  1. Capisco cosa intendi. In effetti é assai probabile che la tua "profezia" si realizzi visto il personaggio e comprendo e condivido anche il tuo fastidio (perdona l'eufemismo)....

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  2. Basta con questi falsi maestrini che prima fanno danni in tutto il paese, ricoprendo incarichi istituzionali per tutta la vita e poi quando arriva l'ora del tramonto da buon cattolici del cazzo si fanno prendere dai rimorsi per tutte le cazzate fatte. Stia tranquillo tanto a reggere le colonne del paese ci saranno sempre gli operai e i loro figli.
    Un saluto

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  3. Però, qualcuno potrebbe sempre sollevare l'obiezione del dito e della luna... :-D
    Insomma, ma chi se ne frega di Celli? Era del lavoro dei giovani, ma direi in genere della scarsa attenzione verso i giovani di questa società che importa parlare, no?

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  4. Vincenzo, proprio per questo. La scarsa attenzione verso i giovani, ma io direi verso i giovani che non sono figli di papà, e verso anche i non giovani che non sono rettori di nessuna università, a chi la dobbiamo? Non sarà il caso, forse, di cominciare a pensare che a pagare il prezzo più grande debba essere innanzitutto la classe dirigente e non, come al solito, i più deboli, lavoratori, studenti, precari che devono emigrare (invitati a farlo da chi sappiamo)? Un paese migliore non sarebbe quello in cui quando una classe dirigente fallisce viene mandata a casa? Si può parlare di Celli come di Montezemolo, della Marcegaglia e via dicendo, il problema non è lui come persona, ma loro come classe.

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  5. Però lo vedi che tu neghi l'esistenza di un problema giovanile? Il punto alla fine è questo: se l'origine di ogni male sta nella natura classista della società, allora non può esistere un problema generazionale. E' questo che ti ha particolarmente disturbato: un rappresentante della borghesia che solleva un problema e che lo classifica come generazionale, una miscela esplosiva insomma :-D
    Eppure, un problema generazionale esiste davvero, ed è di natura strutturale, nel momento in cui alla fine le coperture dello stato sociale riguardano per la massima parte i più anziani e i già occupati. Ma su questo, finirà per scriverci un post.

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  6. Io non ho detto che non esiste un problema generazionale, penso che il problema generazionale sia l'effetto proprio della natura classista della società e non il contrario. Il problema ce l'hanno i giovani figli dei lavoratori, dei disoccupati, dei cassintegrati, non il figlio di Celli. Io penso che l'Italia, oggi, unisca un forte classismo a un forte corporativismo, questo determina il fatto che i giovani delle classi più basse non riescono a emergere perché se non viene garantita loro un'istruzione decente (magari perché non possono permettersela), se il loro posto di lavoro non viene sostenuto, allora è ovvio che si crea la situazione che stiamo vivendo. Prima il corporativismo purtroppo c'era sempre, però c'erano delle tutele sociali (posto fisso, scala mobile, sindacati forti, ecc.) che limitavano i danni del classismo, oggi queste tutele sono venute meno e questo ha creato una miscela esplosiva. Chi è il responsabile di questo disastro? La società? va bene ma ci sono diversi livelli di responsabilità. La classe al potere ha la responsabilità maggiore, una responsabilità enorme. La letterina di Celli mi pare che oscuri proprio questo fatto, la responsabilità di questa classe e quindi, in sostanza, come dicevi, la natura classista della società. Mi sembra molto l'espressione di una falsa coscienza borghese più che una analisi utile della società.

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