domenica 22 novembre 2009

Terrorismo di stato

Se siete tra quelli che credono che i magistrati hanno sempre ragione e che sono tutti degli eroi senza macchia pronti a immolarsi per la patria, state per apprendere una brutta notizia che potrebbe mettere in discussione le vostre certezze. Se pensate che la magistratura sia l'ultimo bastione della democrazia in Italia, il mio scopo è appunto quello di farvi ricredere.
In questi giorni c'è stato un grande clamore su giornali e telegiornali intorno al caso Battisti, il presunto (a me, eretico e comunista, piace ancora usare certe aggettivazioni) terrorista per la cui estradizione i parlamentari e il governo italiano, maggioranza e opposizione (si fa per dire), con la solita e solida complicità della Presidenza della Repubblica, brigano e si affannano, con esagitato attivismo, un attivismo che si risveglia sempre quando si tratta di difendere interessi corporativi e/o speculativi e che dorme placidamente quando invece ci sono in gioco gli interessi generali e popolari.
Così tutti uniti contro il Brasile brutto e cattivo, pronto a concedere asilo a un “terrorista” e per di più comunista. Perché finché le due cose sono separate, pazienza, ma quando compaiono insieme allora la sete di giustizia si risveglia miracolosamente tra politici e giornalisti. Il Brasile brutto e cattivo ha avuto l'ardire di proteggere uno che è stato condannato dalla “Giustizia” italiana in contumacia. Queste cose non si fanno. Non si mette in dubbio la correttezza del modus operandi di certa magistratura, soprattutto negli anni in cui, '70 e '80, le pressioni per fare tabula rasa di terroristi anche a costo di immolare qualche articolo costituzionale, erano all'ordine del giorno.
È ben strano e singolare in un paese come l'Italia tutto questo agitarsi di scimitarre e di improvvisi risvegli di coscienze da lungo tempo sopite. Forse giova ricordare che l'Italia assetata di giustizia difese il banchiere brasiliano Salvatore Cacciola condannato a tredici anni dalla magistratura brasiliana, rifiutandosi di concedere l'estradizione al Brasile. È vero, spesso i paesi di tutto il mondo sono molto più severi con i propri criminali che con quelli degli altri. Ma allora come spiegare le decine di terroristi neri scampati alla condanna e di cui l'Italia sembra essersi presto dimenticata e molti dei quali si trovano tutt'ora a piede libero? Come Roberto Fiore fondatore del partito fascista Forza Nuova, condannato per strage, rifugiatosi in Inghilterra per sfuggire alla pena, e rientrato dopo la prescrizione in Italia, dove esercita la sua attività di “politico” come se nulla fosse. Per la Cronaca l'Inghilterra rifiutò l'estradizione alla magistratura italiana cui negò la collaborazione, eppure non si videro allora i paladini delle “vittime del terrorismo” (espressione di cui amano spesso riempirsi la bocca) insorgere o protestare, anche se si trattava di una condanna ben più grave di quella di Battisti, cioè la strage.
È curioso notare come tutti coloro che sbraitano contro le “toghe rosse” in nome di un “garantismo” liberamente interpretato, diventino improvvisamente dei forcaioli e pretendano che dei paesi democratici, o comunque più democratici di noi, come Francia e Brasile, si accontentino della giustizia sommaria che ha decretato sulla base di prove confutabilissime la colpevolezza di Battisti.
A ben vedere tutte queste prove, che non compaiono mai sui giornali scandalizzati, e anche un po' scandalistici, che si occupano della vicenda, si riducono a una sola: la testimonianza del pentito Pietro Mutti, ex terrorista e fondatore dei Proletari Armati per il Comunismo (PAC) lo stesso gruppo in cui militò Battisti. Testimonianze assai contraddittorie, difficilmente assemblabili in un quadro coerente. Ma fermiamoci un attimo e facciamo un passo indietro.
Siamo negli anni in cui gli attentati terroristici si susseguono, terrorismo rosso, quello delle Brigate Rosse ma non solo, e terrorismo nero, quello di Piazza Fontana ma non solo, quello della strategia della tensione ma non solo.
In questi anni, c'è una parte considerevole della politica e una parte considerevole della magistratura, che spinge per una maggiore “durezza” nei confronti dei terroristi, veri o presunti, anche a costo di fare qualche delega allo stato di diritto. Così, a cavallo degli anni '70 e '80, vengono approvate quelle “leggi speciali” per contrastare il terrorismo. Queste leggi prevedevano (e prevedono tutt'ora) ad esempio, un uso molto disinvolto e prolungato della carcerazione preventiva, l'internamento nelle “carceri speciali” senza le dovute garanzie, le perquisizioni senza la necessaria autorizzazione del magistrato, in contrasto con la Costituzione. Sia detto per inciso tra queste leggi vi è anche quella del divieto di andare in giro col volto coperto, cui i laici a corrente alternata si appellano per giustificare la loro avversione al burqua islamico. C'è anche la temibile “legge Cossiga”, che autorizza la polizia a trattenere per quattro giorni l'arrestato senza che questi possa ricevere avvocati o familiari. Una legge che permise di consumare violenze e torture ai danni di numerosi indagati e di estorcere confessioni.
È in questo contesto giuridico che si svolge il processo a Cesare Battisti, accusato di essere complice dell'omicidio di Pierluigi Torregiani e di Lino Sabbadin. I giornali hanno parlato a sproposito di esecuzione dell'omicidio Torregiani, mentre è sicuro che non fu Battisti a ucciderlo. Tutto questo in un contorno assai romanzesco in cui Torregian viene santificato come una sorta di eroe e Battisti descritto come un mostro impietoso. Torregiani fu ucciso per la sua “mania” di farsi giustizia dà sé, sparando ai rapinatori del suo ristorante e causando in questo modo la morte di un cliente innocente. Ciò ovviamente non ne giustifica l'assassinio, ma non lo rende nemmeno un santo.
Battisti fu accusato di essere l'esecutore materiale di altri due delitti: gli omicidi di Campagna e Santoro.
Dicevamo del clima particolare di quegli anni e della normativa securitaria non molto attenta allo stato d diritto. Fu proprio per la necessità di portare avanti, con ogni mezzo, la guerra al terrorismo e ai terroristi che nacquero i “pentiti”. I pentiti erano dei terroristi che se ripudiavano la lotta armata e offrivano i nomi di altri terroristi ottenevano sconti di pena. La logica del “pentitismo” è stata più volte rimessa in discussione, soprattutto se non affiancata da altre prove. Soprattutto perché veniva previsto che la riduzione della pena fosse direttamente proporzionale al numero delle delazioni; più complici denunci, meno resti in galera. Ciò instaurava un circolo vizioso che portava i pentiti a denunciare anche coloro che erano innocenti o delle cui azioni non avevano diretto riscontro. Nella vicenda in questione ad esempio c'è il caso di Sisino Bitti o di Angelo Franco, entrambi erroneamente condannati.
Il processo si svolge in un clima fortemente intimidatorio. Innanzitutto numerosi imputati denunciarono di aver subito violenze e torture per essere indotti a confessare falsità. In secondo luogo le testimonianze. Venne utilizzata la parola di malati psichci. In terzo luogo, delle deduzioni assai libere: siccome Mutti aveva detto che Battisti aveva preso parte al delitto Sabbadin e il delitto Torregiani appariva ispirato a una identica strategia, Battisti doveva essere colpevole anche per quanto riguardava l'omicidio di Torregiani. Un vero e proprio volo pindarico giudiziario. In quarto luogo la sentenza a Battisti a dodici anni e mezzo fu commutata nell'ergastolo dalla Corte d'Appello, una pena decisamente sproporzionata, considerato che non ci sono prove circa il coinvolgimento diretto dell'imputato.
In quinto luogo il testimone chiave, Pietro Mutti, che ha tutto l'interesse a mentire (per ottenere sconti di pena via via crescenti che infatti ha ottenuto) e sul quale c'è una sentenza del '92 della Cassazione che recita: “Pietro Mutti utilizza l’arma della menzogna anche a proprio favore, come quando nega di avere partecipato, con l’impiego di armi da fuoco, al ferimento di Rossanigo o all’omicidio Santoro; per il quale era d’altra parte stato denunciato dalla DIGOS di Milano e dai CC di Udine. Ecco perché le sue confessioni non possono essere considerate spontanee”.
Un testimone, dunque, molto poco credibile, e al quale tuttavia i magistrati credono ciecamente.
Alla luce di quanto detto il cattivo governo brasiliano appare un po' meno cattivo di quanto paventato dalla stampa. Anche perché il processo Battisti si è svolto in contumacia. E in Italia, contrariamente a quello che accade in altri paesi, quando viene arrestato il fuggitivo il processo non deve essere ricelebrato. In violazione al secolare principio dell'habeas corpus.
Il punto non è se Battisti sia innocente o colpevole. Le prove della sua colpevolezza sono molto labili, ma anche se fosse colpevole resta il fatto che il processo si è svolto in modo del tutto irregolare, contravvenendo ai trattati internazionali e alla Carta Costituzionale. In una cornice legislativa fortemente repressiva. È chiaro che non si può rischiare che la Francia prima e il Brasile poi neghino l'estradizione. Sarebbe come ammettere che quel processo era irregolare. Significa riaprire ferite mai cicatrizzate, mettere in discussione la “rispettabilità” di certi personaggi della magistratura e della politica. Come i PM Armando Spataro e Luciano Violante che asserivano la teoria della “durezza” contro i terroristi. Quest'ultimo, come tutti sanno, fu esponente prima dei Ds e ora del Pd. Occorre quindi gridare allo scandalo per evitare di fare emergere certe cose che è meglio tenere nascoste. Allora vigeva la dittatura del consenso sulla lotta al terrorismo. Parlamentari di maggioranza e dell'opposizione collaboravano, collaborazione che poi ebbe come effetto l'approvazione delle “leggi speciali”.
Sappiamo quante vittime, questo modo di procedere, difeso da politici e magistrati, abbia causato. Ce li ricordiamo Valpreda e Pinelli? Ce li ricordiamo Adriano Sofri e Silvia Baraldini?
Si sente da molte parti spesso parlare degli “anni di piombo” con una banalità e un conformismo spesso sconfortanti. Si dice che bisogna far chiarezza su un periodo ancora oscuro della nostra storia. Ma far chiarezza significa accertare la responsabilità di tutti. Anche di chi si ammantava dietro l'aura del soldato dell'antiterrorismo. Anche di chi, in nome della lotta al terrorismo, il terrorismo lo esercitava lui stesso. Con metodi più scaltri e raffinati delle bombe o dei mitra. Questi metodi si chiamano diritto, si chiamano leggi, si chiamano interrogatori, si chiamano processi.
Comprendere a fondo quegli anni significa comprendere come mai a quella durezza da più parti invocata si sostituì talvolta una “morbidezza” assai sospetta; per quale ragione la magistratura, e la politica, non adottarono sempre la stessa intransigenza? Come mai, ad esempio tutte le maggiori inchieste che coinvolgevano terroristi neri si sono concluse in un nulla di fatto. Come mai non si parla mai dei legami tra i terroristi fascisti e il MSI? Perché uno come Battisti ha ricevuto condanne all'ergastolo per delitti che forse non ha mai commesso e uno come Stefano delle Chiaie, colpevole della strage di Piazza Fontana e di Bologna, anello di congiunzione tra MSI e gruppi eversivi neofascisti, è tutt'ora a piede libero e impunito?
Cosa vorrebbe dire fare luce veramente su quelle vicende? Probabilmente mettere in difficoltà alcuni degli attuali parlamentari o ministri. Alcuni di loro erano membri missini. Cosa sanno loro dei rapporti tra il partito di Almirante e gli attentatori stragisti? Cosa sanno gli allora magistrati di sinistra e oggi parlamentari dell'opposizione circa i metodi assai discutibili che certa magistratura italiana usava ed usa ancora?
Comprendere il terrorismo, rosso e nero, ma anche giudiziario e politico, va al di là delle patetiche commemorazioni delle vittime o delle ipocrite invettive contro i terroristi. Significa indagare sulle complicità delle istituzioni con coloro che dicevano di combattere. Significa comprendere come la distinzione tra buoni (magistrati, istituzioni) e cattivi (terroristi, gruppi di estrema sinistra) è fittizia. Significa comprendere le “stragi di stato”. Significa comprendere il teorema della “contiguità morale” che taluni istituivano, come se l'appartenenza ideologica o anche la semplice amicizia con degli indagati potesse essere la prova di una colpevolezza “preventiva”, prima ancora che il reato fosse consumato.
Significa comprendere la complessità di un periodo che non può essere riconducibile a semplici schemi, probabilmente di impatto mediatico, ma scarsamente rispondenti alla necessità di accertamento della verità.


Fonti:






10 commenti:

  1. Totalmente d'accordo, Matteo...
    Uno stato che ha fatto quel che ha fatto negli anni di piombo e che è rimasto impunito non ha decentemente il diritto di imprigionare chi all'epoca si posizionava come antagonista...

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  2. Sono con te in questa battaglia di civiltà per Battisti!

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  3. Assolutamente d'accordo. Questo paese rimuove solo ciò che vuole

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  4. Non conosco abbastanza per entrare nel merito delle singole questioni (sebbene non provi alcuna simpatia per Sofri, l'unico sul quale un minimo mi sono informato). Detto questo, sono assolutamente d'accordo con il senso generale del tuo discorso. Non si può affrontare la questione a spizzichi e bocconi. Ci sono carnefici a destra e a sinistra e vittime innocenti della reazione inconsulta dello Stato. E il disinteresse di tutto l'arco parlamentare attuale ad affrontare seriamente queste questioni.

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  5. Preciso: il fatto che non mi piaccia Sofri e come scrive non toglie che debba essere trattato con giustizia.

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  6. Devo dissentire su alcune cose.

    Concordo con te che nello specifico di A. Sofri, il processo aveva solo prove indiziarie e contradditorie di fatto basate sulla contraddittoria testimonianza di chi accusò Sofri diventando una sorta di primo pentito ante-litteram.

    Va detto che su Battisti mi trovi meno convinto. Sono anche in disaccordo sul fatto che solo perché loro si opponevano allo Stato devono essere lasciati tranquilli dato che hanno ammazzato gente anche innocente.

    Ok, sarebbe giusto che ci fosse giustizia più severa anche per quelli dell'altra parte, ma se su questa affermazione mi trovi totalmente concorde, non sono invece d'accordo che siccome si é agito male fino ad ora in molti casi, si debba continuare cosi. Vorrei osservare che anche l'opposizione tutta mi pare sia decisa nel voler vedere estradato Battisti. Che poi in queste occasioni tutti gli Stati nicchino é vero. Ed anche noi siamo stati in passato tra quelli come hai osservato brillantemente.

    Però onestamente, se uccidi ti assumi la responsabilità morale e penale dell'atto che compi. Se ordini di farlo e sei un mandante, idem.

    E su questo principio io non derogo mai.

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  7. Concordo pienamente con questo post. Spero che Batisti rimanga in Brasile, anzi le carceri di quel Paese sono addirittura più umane di quelle nostre. Per quanto riguarda la magistratura, se mi nomini Violante, io tremo.

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  8. Daniele, scusa, ma non hai capito allora quello che ho scritto. Non ci sono prove che Battisti abbia ucciso Torregiani e Sabbadin, né che sia stato il mandante, né che sia stato l'esecutore materiale. Se ci fosse stato un processo normale credo che Battisti sarebbe stato assolto. Ma siccome non c'è stato un processo normale è giusto che il Brasile non conceda l'estradizione e io spero che non lo faccia mai.
    Ognuno ha diritto a un processo regolare e quando questo non avviene non si può condannarlo, a meno che non si rifaccia il processo.

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  9. Ok ma molti altri innocenti non sono potuti scappare come ha fatto lui. Io continuo a sentire qualcosa che stride in tutta questa faccenda. Perché non insiste per una revisione del processo? Perché non ha provato a farlo anche dall'estero? Se l'ha fatto io mi scuso perché non ne ero al corrente ma non mi pare. Non so. Sul processo posso onestamente dire poco perché non ho letto la sentenza e quindi non ho elementi concreti per farmi un'opinione più dettagliata come invece ho avuto per il caso di A. Sofri.

    Vorrei cmq sottolineare che l'incapacità da parte di Pm di trovare prove inconfutabili per dimostrare la colpevolezza, se giuridicamente deve portare all'assoluzione dell'imputato, questo non toglie che l'imputato stesso non sia colpevole. Quindi cmq resta da parte mia il dubbio sulla reale innocenza di Battisti e Sofri anche se (nel caso di Sofri l'ho letto con i miei occhi, su Battisti posso solo fidarmi di quello che dici) non esistono prove concrete della loro colpevolezza.

    Resta il fatto che l'estradizione si chiede quando un condannato per un reato é all'estero mentre dovrebbe essere in Italia per scontare la pena.

    Quindi l'unica ragione per cui si dovrebbe negare la stessa non é per la correttezza del processo (cosa che al Brasile non deve interessare - scusa il cinismo - dato che non può intromettersi nella cose interne di un altro Stato) ma solo se si trattasse di un perseguitato politico fuggito in tempo reale da una dittatura contro la quale adesso sta combattendo. Cosa che non é in questo caso.

    In caso contrario l'estradizione va concessa. Quindi anche se la sentenza non é condivisibile cmq lui é fuggito ed é un evaso. Non si tratta di un reato politico strictu senso a mio avviso e quindi l'estradizione deve esser concessa.

    Poi si può simpatizzare o meno per Battisti ma le norme sono queste.

    Io non credo che i magistrati abbiano sempre ragione, credo però che scappare non sia corretto. Se lo fa ok, va bene, non giudico ma se viene preso deve tornare qui. E lui é scappato.

    Ripenso a quando i Radicali candidarono Toni Negri. Perché non candidare invece tanti giovani che marciscono e muoiono in carcere per reati minori e che spesso poi finiscono per morire "suicidi" in carcere? Perché non si sono mossi per tempo per candidare Cucch, Gatti ecc? Qui ci sono nuovamente figli e figliastri

    E questo mi spiace ma non mi va giù. Poi francamente con tutti i problemi che ha il Paese penso che questa diatriba sia quella di minor interesse. Ma ancora una volta più fai rumore e sei "qualcuno" più trovi chi ti aiuta o vuole provare a farlo.

    Più sei un "signor nessuno" e più gli altri se ne fregano. Ed allora puoi anche creparci in carcere. Peggio per lui se non é stato così bravo da pararsi le spalle e fuggire all'estero.

    Forse ho messo tanta carne al fuoco. Ma le cose per non sono scollegate.

    Un caro saluto :-)))
    Daniele

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  10. 1.Nel nostro ordinamento un imputato è innocente fino a prova contraria. Ovvero deve essere il Pubblico Ministero a provarne la colpevolezza, non l'imputato a provare la propria innocenza.

    2.Il Brasile ha tutto il diritto di rifiutare l'estradizione se ritiene che il processo non si è svolto regolarmente. Attenzione, non se ritiene Battisti innocente, ma se ritiene che il processo non si sia svolto regolarmente, che è diverso! Ovvero se ritiene che l'Italia abbia violato i diritti di Battisti. Il punto non è se Battisti sia innocente o colpevole. Il punto è che non ha avuto un processo regolare. E nessuno può essere condannato senza un processo regolare. Questo lo dice la nostra Costituzione e lo dicono i trattati internazionali.

    3.Tu dici che è una questione interna dell'Italia e che il Brasile non deve immischiarsi. Questa è la tipica scusa che usano i regimi autoritari. Anche l'Iran dice che la repressione del dissenso è una questione interna e che gli altri paesi non devono immischiarsi. Anche il Cile di Pinochet diceva che le torture dei dissidenti politici erano una questione interna. Ora non siamo a questo livello (anche se le torture ci sono state ugualmente per estorcere confessioni!) però è chiaro che c'è una violazione di un diritto. Se una dissidente iraniano venisse in Italia chiedendo asilo perché vogliono condannarlo ingiustamente tu cosa faresti? Gli negheresti l'asilo perché è una questione interna all'Iran? Concederesti l'estradizione al governo di Ahmadinejad?

    4.Tu non puoi ragionare come se si trattasse di un processo svoltosi normalmente in cui si discuta della colpevolezza o dell'innocenza dell'imputato. Questo non è un processo normale. Ci sono state delle irregolarità. Sono stati violati i diritti di Battisti. Tu cosa faresti al suo posto? Immagina di essere stato condannato sulla base di prove indiziarie (cioè inconsistenti) e di confessioni estorte. Cosa faresti? Diresti “eh, vabè, pazienza, mi faccio l'ergastolo anche se non è giusto!” oppure cercheresti se ne avessi l'opportunità di fuggire?

    5.Battisti non è “una persona importante”. È un uomo come ce ne sono tanti. Certo non è ricco. Tutt'altro. È una persona come appunto possono essere i detenuti massacrati di botte dai secondini o dai carabinieri.

    6.Se un processo avviene violando i diritti del detenuto, se si svolge in violazione della Costituzione e dei diritti umani allora è giusto che un altro stato lo consideri nullo. Punto. Le chiacchiere stanno a zero. Non c'entra che sia innocente o colpevole. Per condannare qualcuno ci vogliono prove solide e un processo regolare. Quello che è mancato nel caso di Battisti.

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